La corruzione e il politicismo

In questi giorni, sulla scorta degli ultimi scandali di corruzione, riprende il tormentone mediatico sul tema dell’onestà dei politici e degli amministratori pubblici. Soprattutto i telegiornali più farisaici, quello di Enrico Mentana su tutti, occupano metà del loro spazio a disposizione raccontando le malefatte della cosiddetta “Mafia Capitale”. Intere puntate di alcuni talk-show dedicati alla politica si concentrano sul tema della corruzione, in cui conduttori e ospiti cadono regolarmente dal pero e si stracciano ipocritamente le vesti per aver scoperto ancora una volta l’acqua calda della corruzione medesima. Tutto questo come se, nel Paese dei furbi e dei paraculi, l’utilizzo fraudolento dei soldi pubblici costituisca una grave anomalia e non, come l’esperienza porterebbe a credere, la necessaria conseguenza di un sistema politico-burocratico sterminato che esercita un controllo eccessivo nella vita e nell’economia italiana.

Tutto ciò non fa che portare acqua al mulino di quelle forze politiche, vedi il Movimento Cinque Stelle, che basano la loro esistenza sull’onestà autocertificata dei loro esponenti, a prescindere dalla linea programmatica che li sostiene. Costoro esprimono, in verità, una tendenza sempre ben presente nella pancia della collettività. Una tendenza che potremmo definire politicista all’ingrosso, la quale porta a ritenere che la democrazia rappresentativa abbia in sé ogni strumento per rendere il popolo prospero e felice, a patto che ad amministrare la cosa pubblica vi siano uomini retti e probi. Da qui, soprattutto in periodi di grave crisi economica e finanziaria, la forte ripresa di quello che potremmo definire il “partito degli onesti”. Un partito piuttosto trasversale che interpreta il dilagante fenomeno legato al pubblico malaffare come la causa prima delle difficoltà sistemiche del Paese e non, come invece il buon senso porterebbe a ritenere, quale effetto collaterale di una mano pubblica che tassa e spende oltre ogni misura.

In altri termini, come i pochi veri liberali rimasti in queste lande desolate si sforzano di ripetere, se non si affama la bestia di uno Stato ladro che intermedia oltre il 55 per cento del reddito nazionale, non c’è partito degli onesti che tenga. Con questi livelli di controllo politico-burocratico nella vita sociale ed economica, l’Italia sarà sempre più povera e più corrotta, a prescindere dal tasso di onestà di chi occupa i vari palazzi di questo regime di pastafrolla.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15