Il grande malato d’Europa

Dato la Grecia ha un Pil nominale pari a quello di una media regione italiana, molti non comprendono il motivo per cui l’Europa sia tanto restia a decretarne l’uscita dalla moneta unica per manifesta insolvenza. Avendo un’economia tanto marginale, si dice, il famigerato Grexit non dovrebbe comportare particolari conseguenze negative per l’intero sistema euro, pur dovendo quest’ultimo accollarsi gran parte del default ellenico, dato che il grosso del debito greco è in mano ai Paesi dell’Unione Europea.

In realtà le cose non stanno affatto in questi termini. Ciò che i responsabili della zona euro temono, Banca centrale europea in testa, è il cosiddetto effetto contagio. Effetto contagio sui tassi d’interesse il quale potrebbe determinare un’esplosione a catena del tutto incontrollabile. In sostanza, così com’è accaduto nel 2011, i mercati finanziari potrebbero prendere di mira, vendendone a valanga i titoli sovrani, gli Stati più esposti della medesima zona euro, a cominciare dall’Italia, di fatto il grande malato d’Europa.

Nonostante la martellante e surreale narrazione renziana, il Bel Paese continua a rappresentare un grande cancro economico e finanziario per il Vecchio Continente, afflitto com’è da un crescente eccesso di indebitamento, di spesa pubblica e di tassazione che ne bloccano ogni tentativo di ripresa. E le prospettive di medio periodo non raccontano affatto una storia diversa, dato che nel clima di perenne campagna elettorale a contendere la guida del Paese ad un signore che annuncia un miracolo al giorno vi è una schiera di demagoghi di ogni risma che promette di raddoppiare tali miracoli. Come nel caso del grillino Luigi Di Maio il quale, ospite martedì scorso di Giovanni Floris, ha rilanciato con forza la balzana proposta di un reddito di cittadinanza a partire da 780 euro al mese.

Ma non sono da meno coloro i quali, da destra, immaginano di cancellare ciò che resta della riforma Fornero delle pensioni, vagheggiando il ritorno ai fasti del famigerato sistema retributivo. Per non parlare di quella sinistra massimalista, da sempre paladina della spesa pubblica, che in questi giorni di fermenti scolastici immagina di allargare oltre ogni limite la già colossale pianta organica della Pubblica Istruzione, malgrado l’irresponsabile piano di assunzioni messo in piedi dall’attuale premier illusionista.

Ora, mi sembra più che evidente che la grande fragilità strutturale di quella che rappresenta la terza economia della zona euro, dominata da un sistema politico che appare incapace di allentare i nodi che ne soffocano lo sviluppo, con un debito che cresce sempre oltre ogni previsione, è letteralmente appesa al filo degli attuali bassi tassi. Un filo così sottile, per tornare a bomba, che persino il fallimento di una piccola nazione come la Grecia è in grado di spezzare in un colpo solo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:09