Al via i respingimenti, da... Montecitorio

Finalmente Matteo Renzi ha messo mano ai respingimenti. Non degli immigrati clandestini. Quelli non si toccano, non sia mai detto! I respinti al momento sono i dieci parlamentari del suo stesso partito che siedono nella Commissione Affari Costituzionali della Camera e che hanno espresso, a loro disdoro, perplessità sul contenuto della legge elettorale in discussione.

Dopo le pubbliche manifestazioni di dissenso della minoranza “dem”, il premier non ha perso tempo: ha notificato l’avviso di sfratto dai lavori della commissione parlamentare agli interessati, responsabili di non incarnare in modo affidabile il nuovo verbo renziano. Tra i novelli senzatetto c’è anche l’ex-segretario del partito, Pierluigi Bersani. Una pedata ti cambia la vita, sembra essere lo slogan del nuovo corso democratico. In realtà, siamo in presenza di un disvelamento. Altro che partito moderno del terzo millennio! Qui è tornato “baffone”. È stato rispolverato il vecchio centralismo democratico che ha fatto la fortuna del Partito Comunista nello scorso secolo: il capo decide e la base si allinea. Chi non lo fa è fuori.

Ve lo ricordate il comico Maurizio Ferrini quando, in “Quelli della notte” di Renzo Arbore, faceva il verso allo stereotipo del militante del Pci? E il suo tormentone: “Non capisco ma mi adeguo”? Sono passati i decenni ma la musica è sempre uguale. Lo stesso accento emiliano, la stessa frase. Ieri Ferrini oggi Paola De Micheli e Pierluigi Bersani. E gli altri? Dove per altri s’intende il resto dell’Italia: gli altri si attaccano al tram. Gli altri si beccano una legge elettorale che è una schifezza. È un vestito cucito addosso all’ambizioso fiorentino che con le nuove regole si assicura i prossimi vent’anni di soggiorno a Palazzo Chigi. La cosa più sconcia è la minaccia o la promessa, dipende dai punti di vista, del capo del governo di porre la fiducia sull’Italicum per essere certi che nessuno dei suoi faccia scherzi.

Siamo al golpe bianco. Il Governo interviene a gamba tesa su una scelta determinante per le regole del gioco democratico, prevaricando la competenza esclusiva del parlamento. Con la storiella del far presto si vuole privare i rappresentanti del popolo di discutere e di decidere quale sistema elettorale possa raccogliere il consenso più ampio perché, è quasi una banalità dirlo, i meccanismi che regolano i processi democratici fondamentali dovrebbero sempre essere condivisi da maggioranza e opposizione.

Invece, si cerca il “colpo gobbo all’italiana” sapendo bene che se la legge dovesse tornare in Senato per essere modificata non avrebbe alcuna possibilità di passare così com’è. Renzi era riuscito a sfangarla nella Camera Alta grazie al temporaneo obnubilamento di quelli di Forza Italia. Ai tempi della luna di miele del Nazareno sapevano di votare il loro suicidio politico, ma erano contenti di farlo. C’era feeling tra Berlusconi e Renzi e questo bastava. Oggi i forzisti farebbero di tutto pur di rimangiarsi quel sì al voto di lista che manda al macero la speranza di ricostruire la coalizione del centrodestra. Se si potesse tornare indietro! Non si può a meno che alla minoranza del Pd non riesca di avere la meglio nel braccio di ferro con il suo leader. Ma abbiamo seri dubbi che gente come Gianni Cuperlo o Roberto Speranza posseggano l’istinto dei lottatori di wrestling. Cederanno, come già hanno ceduto in analoghe circostanze. E poi, se non dovessero esserci loro a votare l’Italicum, Renzi potrebbe sempre contare sull’aiuto di un’opposizione-farsa da intreccio plautino. Lo sanno anche i personaggi del bassorilievo di Davide Calandra, che troneggia sull’emiciclo di Montecitorio, che ci sono più volontari del soccorso al vincitore in Parlamento che soccorritori di naufraghi nel Canale di Sicilia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:14