Def, Renzi e il pieno  di balle spaziali

Maldestramente ostacolato un’opposizione eccessivamente frammentata e priva di una proposta politica accettabile, il premier Matteo Renzi può permettersi ogni lusso, persino quello di annunciare un Documento di economia e finanza (Def) pieno zeppo di balle spaziali. Tant’è che nella conferenza stampa all’uopo convocata ha così esordito: “Non ci sono tagli e non c’è un aumento delle tasse. Capisco che non ci siate abituati, ma è così”.

Dunque, ancora una volta, il Pinocchio di Palazzo Chigi promette di realizzare un miracolo politico con il quale, senza scontentare nessuno, tutti saranno più ricchi e più prosperi. E questo, si badi bene, dopo che nel 2014 il precedente Def dell’Era renziana non ha centrato nessuno degli obiettivi dichiarati. Su tutti il dato sulla crescita economica, stimato in un “prudente” + 0,8 per cento dall’Esecutivo, ma precipitato in un desolante -4 per cento a chiusura d’anno. Ciononostante, l’imbarazzante cantastorie al timone del Paese rilancia la posta e s’impegna a proseguire lungo la difficile strada della riduzione fiscale, sebbene - come noi che analizziamo l’azione di ogni governo sulla base dei numeri e non delle chiacchiere ben sappiamo - in realtà alcun taglio delle tasse sia stato finora messo in campo, come ha correttamente certificato l’Istat nel suo rapporto annuale.

Ma l’illusionista fiorentino è riuscito addirittura a dilatare i famosi 18 miliardi di minori imposte millantati ossessivamente nei mesi scorsi, facendoli lievitare a 21. Egli ha infatti messo nel conto anche 3 miliardi di minori entrate derivanti dalla mancata applicazione delle famigerate clausole di salvaguardia, facendoci capire quale gran considerazione ha dell’intelligenza dei contribuenti italiani. Di questo passo, vista la capacità affabulatoria del Presidente del Consiglio, c’è da aspettarsi che costui si intesti tra le imposte ridotte la vecchia Ige, abolita oltre quarant’anni orsono, o addirittura la tassa sul macinato, soppressa nel lontano 1884 da Depretis.

D’altro canto, proprio in tema di trasformismo, ci troviamo di fronte ad una sorta di camaleonte a 360 gradi, al cui cospetto la storica inconsistenza fattuale della nostra classe politica sembra roba da sommi statisti. Abilissimo nel fiutare sempre il vento del consenso e nel modificare a proprio uso e consumo il quadro entro cui è inscritta la tragica condizione del Paese, non c’è dato statistico o riferimento numerico che possa metterlo in difficoltà. Più efficace del sinistro Miniver - il ministero della verità di orwelliana memoria - la sua scoppiettante propaganda è perennemente al lavoro, nascondendo dietro lo schermo piatto di una fiducia al portatore la macabra realtà di un sistema sempre più avvitato su se stesso. Un sistema che sta letteralmente morendo di spesa pubblica e di tasse, ma che nell’ennesimo Def renziano del nulla appare simile a quella contrada Bengodi descritta nel Decamerone da Giovanni Boccaccio, modesto conterraneo di quel sommo arringatore che è Renzi. Solo che in Italia non sono tutti come Calandrino e prima o poi i nodi arriveranno al pettine.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13