La linea di Renzi radicalmente sbagliata

Se ce ne fosse ancora bisogno, anche l’autorevole Luca Ricolfi boccia senza mezzi termini la politica del premier Matteo Renzi. E lo fa, con tanto di dati Istat alla mano, in un dettagliato articolo pubblicato il 5 aprile su “Il Sole 24 Ore”.

In sostanza, lo stimato studioso torinese prende in causa un rilevamento dell’Istituto nazionale di statistica piuttosto agghiacciante per noi liberali, il quale mostra che il livello di interposizione della mano pubblica, ossia il grado di ingerenza che la politica esercita nell’economia di un Paese, ha raggiunto nel 2014 un livello mostruoso, toccando uno stratosferico 90,4 per cento. Un valore che fa concorrenza alla defunta Urss e che nessun Esecutivo era riuscito a raggiungere fino ad ora. Si pensi, a tal proposito, che questo riferimento, il quale tiene conto della somma tra entrate e uscite dello Stato in rapporto al Prodotto interno lordo, era già molto alto nel 2011, durante l’ultimo ministero Berlusconi, con l’85,6 per cento di interposizione pubblica. Dopodiché, complice il crollo del reddito nazionale e le stangate fiscali di Mario Monti, tale valore è balzato all’89 per cento nel 2012, per salire l’anno successivo all’89,9 per cento.

Ma con Renzi, come dimostrano le cifre, si è andati ben oltre questi numeri, nonostante la montagna di chiacchiere fin qui espresse dal grande illusionista fiorentino e malgrado l’Italia non viva più una situazione d’emergenza come accadde durante il citato esecutivo Monti. Ciò conferma ulteriormente il gravissimo errore prospettico di una linea di governo che pone al centro della sua azione una strategia - se di strategia si può parlare - che mira a risolvere la crisi con ancora più Stato e, conseguentemente, meno mercato, come si suol dire. E chi scommetteva, pur nell’ambito di un realismo politico che tenesse conto del consenso, in una graduale riduzione dell’intervento pubblico operata dai rottamatori al potere può mettersi l’anima in pace. La matematica parla chiaro. La via renziana alla ripresa economica è lastricata di più tasse e più spesa pubblica, oltre alla solita carrettata di speranze che il Presidente del Consiglio e i suoi scagnozzi continuano a distribuire a piene mani. Tuttavia, ricordando a costoro che qualcuno in passato aveva detto che chi di speranza vive disperato muore, non sembrano esserci soverchi dubbi circa il luogo infernale in cui ci porteranno le loro buone intenzioni.

Il socialismo in salsa fiorentina che sta imponendo all’Italia un leader privo di una seria opposizione non può certamente essere la soluzione. Esso può solo aggravare la condizione di un sistema soffocato da un eccesso di spesa pubblica e di tassazione, portandolo rapidamente al collasso economico, Mario Draghi permettendo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12