Il colpevolismo   mediatico non ci sta

Francamente preoccupato per la deriva colpevolista, quasi al limite dell’emergenza sociale, che sta caratterizzando gran parte dei crimini finiti sotto i riflettori dei media, ho tirato un grosso sospiro di sollievo nell’apprendere il proscioglimento di Antonio Logli, marito della scomparsa Roberta Ragusa, ad opera del giudice dell’udienza preliminare. Almeno per una volta chi crede (“L’Opinione” in testa), nel baluardo fondamentale della cosiddetta presunzione d’innocenza fino a prova contraria, può sentirsi rassicurato.

Il variegato consorzio televisivo che inscena a ritmo quotidiano inverosimili gogne mediatiche, ricamando trame criminali sul nulla e dal nulla scovando supertestimoni dalla memoria prodigiosa, grazie al coraggioso e obiettivo gup Giuseppe Larghezza ha ricevuto un fiero colpo. Tant’è vero che, nell’immediatezza del provvedimento che scagiona un uomo a cui, al pari del caso Parolisi-Rea, non si perdona di aver nascosto una relazione extraconiugale, una delle inviate di “Quarto Grado”, tale Francesca Carollo, si è distinta per un servizio pseudo-giornalistico che resterà negli annali della tv spazzatura. Ad un Logli, che all’uscita dal Tribunale continuava, nonostante l’assoluzione, a mantenere il medesimo dignitoso riserbo di sempre, questa sedicente giornalista, usando il microfono a mo’ di cannone caricato a mitraglia, gli urlava in faccia: “Dov’è sua moglie, dov’è sua moglie?”. Un comportamento a dir poco vergognoso che, come più volte denunciato su queste pagine, segnala una sorta di preoccupante regressione colpevolista, la quale sembra volerci riportare indietro nel tempo, quando ignoranza e pregiudizi spadroneggiavano nelle aule di giustizia. Da questo punto di vista, il danno morale e materiale che questi professionisti della caccia alle streghe producono ai danni dei malcapitati, passando la loro esistenza in un autentico tritacarne, è enorme. Ma chi risarcirà Antonio Logli, al quale un giudice terzo ha ridato piena dignità, per il massacro a cui lo hanno sottoposto e lo continuano a sottoporre i media colpevolisti anche dopo essere stato assolto perché il fatto non sussiste? Molti di noi si battono giustamente da decenni per una riforma che tuteli i cittadini di fronte ad un certo strapotere della magistratura, eventualmente realizzando un’equilibrata separazione delle funzioni e delle carriere.

Tuttavia, nei riguardi di una forma di giornalismo che, soprattutto per ragioni di ascolto, usa i suoi potenti strumenti per orientare l’opinione pubblica, distorcendo in modo scandaloso i fatti e creando mostri da sbattere in prima pagina, possiamo restare passivi testimoni? Possiamo consentire che regolarmente tante, troppe illazioni e supposizioni di una parte, l’accusa e le sue molte grancasse dell’informazione, vengano spacciate sulle varie emittenti televisive, comprese quelle pubbliche, come se fossero prove schiaccianti? A questo proposito si sta consolidando una neo-lingua mediatica la quale, come un suadente mantra, tende ad annichilire il senso critico delle menti meno attrezzate. Termini e definizioni quali supertestimone, prova regina, quadro accusatorio schiacciante, indizi che incastrano, incidente probatorio e quant’altro vengono usati come bombe stordenti ai danni di ascoltatori distratti e propensi a bersi gli inverosimili intrugli giudiziari dei talk colpevolisti.

Da questo punto di vista, la nostra piccola riserva indiana di garantisti può solo denunciare, denunciare e ancora denunciare pubblicamente questo martirio della presunzione d’innocenza e del ragionevole dubbio. Sotto questo profilo, la drammatica vicenda della scomparsa della signora Ragusa rappresenta un chiaro caso di scuola, con al centro la vittima sacrificale di un sistema mediatico-giudiziario che reclamava per l’ennesima volta “un” colpevole da immolare sull’altare delle verità costruite sulla base degli ascolti. Ma questa volta la totale mancanza di prove ha fatto Giustizia, con la G maiuscola, di ogni gogna televisiva, sconvolgendo i piani di chi già pregustava un processo televisivo parallelo sulla pelle di un quasi certo condannato.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10