A.A.A. Cercasi destra liberale

Nessun osservatore ragionevole può aspettarsi l’avvento di un’opposizione di destra al modello renziano del governo migliore che proponga di tagliare con l’accetta e in breve tempo la spesa pubblica e le tasse. Soprattutto nell’Era di una Bce che stampa moneta per salvare le democrazie più irresponsabili sul piano finanziario, risulta dannatamente complicato portare avanti una piattaforma politica che punti ad una graduale riduzione del perimetro pubblico.

In questo senso, i partiti e gli uomini che promettono pasti gratis ad libitum sono sempre due passi avanti rispetto a chi, per avventura, volesse tentare l’azzardo di una linea thatcheriana nel Paese di Pulcinella. Ma, ciononostante, non possiamo neppure pensare che il malconcio e mai applicato liberalismo che continua a connotare Forza Italia, con tutti gli errori e gli stravolgimenti del recente passato, possa essere sostituito da una Armata Brancaleone di forze politiche le quali, sfruttando l’ancora favorevole vento della protesta, si sono presentate a Roma sotto l’ombrello di una Lega folgorata sulla via di Damasco di un antieuropeismo nazionalista caciottaro.

Da liberale sempre più scoraggiato, mi sembra francamente più che deprimente ritrovarmi, dopo oltre vent’anni, a raccogliere i cocci di una destra berlusconiana che, comunque sia, aveva posto al centro il paradigma di uno Stato minimo, soppiantata da gente che urla contro l’euro e propone di smantellare l’unica misura seria di questi ultimi anni – la riforma delle pensioni targata Fornero – ripristinando la catastrofica autarchia monetaria della lira. E poco importa se in questo esercito di profeti di sventure ci sia pure qualche anacronistico nostalgico del ventennio mussoliniano, buono solo per alimentare la trita propaganda antifascista di una certa sinistra radical chic.

Il problema vero, come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, è che l’estremismo parolaio di questa destra, soprattutto dal lato economico e finanziario, risulta tremendamente indigesto per una buona parte di italiani cosiddetti moderati i quali, in assenza di un’alternativa appena accettabile, sono costretti a votare Renzi o a rimanere a casa. Costoro fiutano l’eccessivo avventurismo di una proposta politica che, al netto della solita demagogia contro le banche e i potentati finanziari, se applicata ci riporterebbe ai “fasti” di un’inflazione a due e più cifre, all’esplosione dei tassi d’interesse sul nostro colossale debito sovrano ed a vivere sotta la perenne spada di Damocle di una forte instabilità valutaria.

Da questo punto di vista, la memoria storica di un popolo che ha sperimentato l’autarchia stracciona di un regime il quale, attraverso l’Istituto Luce, glorificava nelle sale cinematografiche i tessuti fatti col latte, le bici di legno e le auto alimentate a carbonella, molto difficilmente potrà affidare le sue sorti a chi pensa di spezzare le reni all’Europa della moneta unica. In questo senso ha ragione Giampiero Mughini, quando sostiene che con questo tipo di opposizione Renzi rischia di governare per altri 500 anni. Destra liberale cercasi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:14