Luna della Campania e dito della Lega Nord

Il dito e la luna. C’è chi si concentra sul dito rappresentato dalle divergenze tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Senza pensare che il leader della Lega deve preparare a dovere la sua prima apparizione di piazza nella Capitale. Che lo deve fare marcando al massimo le differenze tra il suo partito e Forza Italia. Ma che non ha alcuna intenzione di consegnare il Veneto al Partito Democratico spingendo Flavio Tosi alla scissione ed il partito del Cavaliere alla rottura. Perché la perdita del Veneto non sarebbe ricompensata da nessun aumento di voti a livello nazionale. Ed innesterebbe all’interno della Lega uno scontro dalle dimensioni devastanti per la stessa leadership di Salvini.

Rispetto ai tanti, che si concentrano sul dito delle distanze tra Salvini e Berlusconi per esorcizzare in nome e per conto della sinistra il pericolo di una ricomposizione dello schieramento alternativo a Matteo Renzi, sono invece pochi quanti incominciano a guardare alla luna rappresentata non solo dallo sconquasso del Pd in Campania ed in altre regioni (Liguria, Marche, Umbria), ma soprattutto dal fallimento clamoroso del sistema delle primarie della sinistra.

A Napoli il ritiro della candidatura di Gennaro Migliore, l’ex esponente di Sel entrato nel Pd per salire sul carro del vincitore Renzi, costituisce la dimostrazione più lampante di un doppio fallimento. Quello contingente del Premier che non riesce a gestire le vicende locali del proprio partito, come già ha dimostrato in Emilia Romagna perché la sua conquista del Pd è ben lontana dall’essere esaurita. E quello del meccanismo delle primarie, introdotto da Walter Veltroni scimmiottando il modello americano, che ha messo a nudo come il Pd abbia perso la sua vecchia base popolare per diventare la brutta copia della vecchia Dc dei notabili e dei cacicchi locali in perenne lotta tra di loro per la conquista e la conservazione di qualche fetta di potere.

È difficile stabilire quale sia più importante tra questi due fallimenti. Quello di Renzi della gestione interna del Pd avrà sicuramente delle ricadute nelle prossime elezioni regionali che difficilmente registreranno la conferma del 41 per cento alle europee così tanto sbandierato dal Presidente del Consiglio. Ma quello del fallimento delle primarie ha una inevitabile ricaduta sull’intera politica nazionale. Perché rende evidente che il metodo senza regole adottato dal Pd e che si è rivelato fonte di brogli e contestazioni non può diventare un modello ed essere adottato dalle altre forze politiche. Serve, in sostanza, una legge. Non solo per regolarizzare le primarie, ma per realizzare ciò che non è mai stato compiuto dalla Costituente ad oggi: applicare il metodo democratico all’interno dei partiti!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:18