Le aperture fasulle di Anm e Guardasigilli

È sufficiente una dichiarazione del Guardasigilli Andrea Orlando e una del presidente dell’Associazione nazionale magistrati Rodolfo Sabelli, puntellate e gonfiate da certa stampa a creare una svolta garantista? Non si tratta di un interrogativo ozioso, ma di una domanda più che giustificata.

Il primo sì del Senato al ddl Grasso atteso in settimana sulla corruzione e falso in bilancio e quello, atteso a breve, sulla riforma Gratteri, sono stati preceduti e introdotti nei giorni scorsi da un clima distensivo e da prove di dialogo tra ministero della Giustizia e l’Anm da una parte e il mondo dei penalisti dall’altra.

Gli interventi del ministro Orlando e di Sabelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario dell’Unione camere penali svoltosi a Palermo sabato e domenica scorsi, hanno procurato loro una decisa apertura di credito da parte di un settore dell’Ucpi. Si tratta di un credito fondato? Nutrire forti dubbi in proposito appare più che giustificato. La condivisa perplessità e stroncatura, sia da parte del mondo dei penalisti, dello stesso ministro e del presidente dell’Anm nei confronti degli inasprimenti di pena del ddl Grasso, ha inaspettatamente accomunato tutte le parti in un condiviso disagreement nei confronti del provvedimento anticorruzione.

Sabelli si è precipitato a rimarcare che “aumentare le pene com’è previsto nel ddl Grasso porta consensi, ma non risolve i problemi e dire che è la strada più efficace per rispondere ai reati, corruzione compresa, è sbagliato. Non è con la giustizia penale che si ritrova l’etica pubblica”, ha aggiunto scagliandosi contro l’utilizzazione delle norme penali come strumento di bonifica sociale. Tesi analoghe aveva espresso il Guardasigilli Orlando il giorno prima: “Ci troviamo in una fase storica di profonda crisi – queste le parole del ministro – sociale e istituzionale. Crisi delle culture che hanno generato il nostro sistema. Assistiamo a una regressione culturale che porta anche verso forme di populismo penale. Mi riferisco a una visione del processo come nuovo rito di esorcismo sociale. La valenza simbolica di certi processi è un sintomo preoccupante”. Oh, tutti realmente fuori dalla concezione che vede nel processo penale uno strumento catartico e di ristabilimento dell’etica? Peccato che, come ricorda il presidente della Camera Penale di Milano, Salvatore Scuto, prima di aver partecipato al convegno dell’Ucpi il ministro “si era appena alzato da un tavolo dal quale è scaturita la proposta (da mercoledì in Parlamento dentro il ddl Grasso) di aumentare, nel massimo e nel minimo, le pene dei reati di corruzione e di induzione indebita”. A conferma di una contradizione fin troppo evidente.

Questo non ha impedito ad alcuni settori dell’Ucpi di definire quello di Orlando un intervento di grande apertura e di esprimere la preoccupazione che non potesse essere dall’intero mondo dei penalisti. Ma è realmente giustificato tanto entusiasmo per le dichiarazioni di Sabelli e di Orlando, accolte come segno dell’ingresso in una nuova Era di dialogo? Forse tanta esaltazione, anche mediatica, è fuori luogo. Al netto delle ipocrisie, le inedite parole di Sabelli e quelle del ministro suonano molto più come un tatticismo e un tentativo di blandire la platea dell’Ucpi.

In fondo, spendersi contro l’innalzamento nel massimo e nel minimo, delle pene dei reati di corruzione e di induzione indebita, per l’Anm è a costo zero. Il vero obiettivo del sindacato dei magistrati non è certo l’aumento delle pene, ma di avere la possibilità di mettere sotto inchiesta l’Italia intera, ad esempio utilizzando la procedibilità d’ufficio sul falso in bilancio. È del tutto legittimo, quindi, nutrire il forte sospetto che l’Anm, dopo aver piegato il Governo alla sua impostazione manettara sulla quasi totalità dei provvedimenti in materia di anticorruzione, perché non intende rinunciare al suo potere di condizionamento sulla classe politica e sull’Esecutivo, ora possa abbandonarsi ad una concessione meramente formale ad un garantismo di facciata? Quanto ai penalisti dell’Ucpi entusiasti per la posizione contro il populismo penale sempre a caccia di innalzamenti delle pene espressa dal Guardasigilli e dal presidente dell’Anm, farebbero bene a schivare i canti delle sirene. Poiché è comprensibile l’anelito ad utilizzare le regole della politica per attribuirsi ed irrobustire un sempre maggior ruolo di confronto e contrattazione con il ministero della Giustizia, speculare a quello dell’Anm ed a lavorare su tempestività e capacità di penetrazione e comunicazione. I tempi sembrano maturi perché le proposte, le osservazioni, le confutazioni e gli atti espressi dalle Camere siano frutto di una precisa linea politica in grado di avere lo stesso peso delle posizioni del sindacato dei magistrati. Ma voler leggere (soprattutto nelle dichiarazioni di Sabelli) un segnale di svolta in senso garantista è illusorio. Quantomeno prematuro.

In ogni caso, il primo banco di prova per comprendere se realmente “Qualcosa è cambiato”, sarà la riforma Gratteri–Davigo in occasione della quale è facile prevedere che l’Anm uscirà dai tatticismi, dall’approccio utilitaristico, di circostanza e dell’ammiccamento, a costo zero, mostrato alle Camere Penali e tornerà ad esibire il suo vero volto.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:08