Idolatria politicista

Sono convinto da tempo che una società evoluta tende, soprattutto dopo i disastri causati da ogni forma di collettivismo imposto con la forza, a formarsi un solido spirito liberale, a prescindere dalla colorazione politica delle forze che concorrono a governarla. Non a caso, osservando l’Europa della moneta unica, le aree culturalmente più arretrate sono proprio quelle che continuano ad invocare dallo Stato la soluzione di qualunque problema individuale, dalla culla alla tomba.

E l’Italia, pur vantando ancora una solida componente produttiva di stampo calvinista, rientra sempre più nel novero di quelle nazioni nelle quali predomina l’idea secondo la quale il benessere di tutti dipende dall’azione concertata delle varie istituzioni democratiche. Idea positivistica che, al contrario, in qualunque autentica visione liberale viene sostanzialmente rigettata, secondo un paradigma che interpreta il ruolo delle istituzioni più in una funzione di tutela e garanzia e molto meno in quella taumaturgica di artefici dirette della felicità nazionale.

In estrema sintesi, un liberale – in evidente contrasto con chiunque auspichi il primato assoluto della politica in ogni campo – si aspetta essenzialmente che lo Stato lo tuteli dal lato della sicurezza e della proprietà, mentre il collettivista chiede e pretende che quest’ultimo, per l’appunto attraverso lo strumento delle istituzioni democratiche, crei con ogni mezzo legale (termine codesto che può assumere il valore più sinistro) la felicità in terra.

Tutta questa lunga premessa per sottolineare che mai prima d’ora l’elezione di un Presidente della Repubblica era stata accompagnata dal vero e proprio delirio politicista, ai limiti dell’idolatria, che ha fatto da corollario alla trionfale salita al Colle di Sergio Mattarella. Una persona perbene, dall’esteso cursus honorem di matrice democristiana, trasformato dalla vulgata renziana in una sorta di eroe istituzionale, e per questo in grado di portare nuovo carburante al cambiamento epocale che il grande illusionista di Palazzo Chigi promette di realizzare a passo di corsa, con tanto di fanfara. Tant’è che le varie grancasse televisive più vicine alla sinistra, tutte abbastanza benevole nei riguardi del new deal portato avanti dal fenomeno fiorentino, hanno mandato in onda decine e decine di interviste rivolte a molti, piuttosto confusi cittadini i quali, imbeccati da domandine piuttosto orientate, esprimevano in massa l’auspicio che con questo nuovo inquilino del Quirinale la loro esistenza possa migliorare decisamente. Tutto questo come se, al pari di ciò che si pensa per chi occupa le stanze del Governo, chissà quali straordinarie leve di comando abbia mai in dotazione il nostro capo dello Stato, quando in realtà non occorre essere illustri costituzionalisti per sapere che il suo ruolo, rispetto a quello dell’Esecutivo, conta meno del due di briscola quando si entra nel campo delle tre cose fondamentali che caratterizzano l’azione di qualsiasi maggioranza politica, coinvolgendo e purtroppo – ahinoi – sconvolgendo la vita dei cittadini comuni: tassare, indebitarsi e redistribuire.

Tre fondamentali attitudini di una democrazia lanciata verso il fallimento, la quale si compra il consenso con un uso sempre più irresponsabile della spesa pubblica e che, onde trovare la propria nobilitate, ha però sempre più bisogno di eroi da mostrare in trionfo. Da questo punto di vista, l’incontestabile abilità propagandistica di Matteo Renzi l’ha fatta da padrona in questa vicenda istituzionale, unendo l’utile di un ricompattamento tutto interno al Partito Democratico, al dilettevole di una prassi molto stantìa, tipica della peggiore Prima Repubblica, fatta passare dal venditore di tappeti che comanda l’Esecutivo come l’ennesima svolta epocale della sua nuova Era.

Un’altra sfolgorante torre per arricchire il suo colossale castello di sabbia e di illusioni che prima o poi la marea montante dei mercati, che ci piaccia o no, farà sparire nel nulla. Mattarella o no, il Paese reale continuerà anche domani a morire lentamente di tasse e di false promesse. Il resto sono chiacchiere.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:26