Dopo l’emozione  arriva l’appeasement

Ma non dovevano essere i giorni della determinazione, dell’unità e della presa di coscienza di un Occidente sotto attacco? La prima considerazione di François Hollande, all’Arab World Institute di Parigi, mentre si tenevano i funerali dei giornalisti e vignettisti assassinati dai terroristi islamici, è stata: “I musulmani sono le prime vittime del fanatismo fondamentalista”.

Sì, è vero, numericamente vero. I numeri parlano chiaro, le vittime occidentali del fanatismo islamista si contano nell’ordine delle migliaia, quelle musulmane delle centinaia di migliaia. Ma il sotto-testo di questa considerazione è fin troppo evidente: nel momento in cui gli imam radicali, dal Cairo a Londra, urlano condanne contro il nuovo (eroico) numero postumo del Charlie Hebdo, Hollande prega i musulmani di non stare dalla parte dei fanatici. E rassicura che “la Francia protegge tutte le religioni”.

Lo hanno capito tutti, compresi i terroristi (francesi, per nascita e cittadinanza) che hanno ammazzato 17 fra atei, musulmani, cristiani ed ebrei? L’Islam moderato francese si è espresso con 500 (cinquecento, su una popolazione di sei milioni) firme, di personaggi di rilievo, laici e religiosi, contro il terrorismo. E già questa presa di posizione è stata vista come un fatto eccezionale: è la prima volta, commenta la stampa francese, che si firmano nome e cognome, senza trincerarsi dietro sigle di organizzazioni.

Le dichiarazioni di Hollande, un dibattito dominato dal dilemma amletico sull’Islam moderato (esiste o non esiste?), sono la risposta occidentale a questo ennesimo attacco. Invece di pensare a come difendersi, capi di Stato e di governo di nazioni laiche mettono le mani su un materiale sconosciuto, non di loro competenza, su un dibattito religioso, politico, culturale, che dovrebbe essere solo interno al mondo musulmano e sul quale, tutt’al più, potrebbero intervenire altri leader religiosi.

Tutto sommato, la sensazione che prevale è quella della paura. Gli “intello” che si sono schierati in posizioni scomode, Houellebecq prima di tutto, sono ora nascosti e sotto scorta. Gli altri temono di poter dire veramente quello che pensano. E a Oxford, tempio del pensiero progressista britannico, sono state poste nuove condizioni per le pubblicazioni dedicate a bambini e ragazzi: per non offendere i musulmani (e pochissimi ebrei ortodossi) sono vietati tutti i riferimenti ai maiali e alla carne di maiale. Fra le vittime collaterali delle nuove regole della Oxford University Press, potrebbe esserci addirittura la popolarissima Peppa Pig, da anni la preferita dai bambini. Ironicamente l’hashtag “Je suis Peppa Pig” sta iniziando a circolare su Twitter, anche fra tanti musulmani. Sarebbe l’autocensura più ridicola. E cosa, se non il terrore cieco, più che il “rispetto” delle religioni, può dettare provvedimenti simili?

Negli Usa, dove i grandi media hanno tutti censurato le vignette del Charlie Hebdo, oscurando le foto che le riguardavano anche mentre davano le notizie sull’attentato di Parigi, Barack Obama ha dato un segno: ha fatto uscire da Guantanamo cinque prigionieri di Al Qaeda dello Yemen. Ora: si tratta proprio di quella stessa Al Qaeda della Penisola Arabica che ha rivendicato per prima l’attentato di Parigi. E che ha dato dettagli sulla sua organizzazione e il suo finanziamento. Dove sono stati trasferiti? Uno in Estonia (che è pur sempre un Paese della Nato e dell’Ue), ma quattro nell’Oman, vicino alla loro terra natia, in uno di quei Paesi della penisola arabica dove la sicurezza per i detenuti per terrorismo islamico è quantomeno ambigua e dove il tasso di recidiva è altissimo. Obama ha illustrato il suo gesto come una dimostrazione di sincerità: intende veramente chiudere la prigione di Guantanamo. E ha scelto proprio il momento giusto per farlo. Proprio lo stesso giorno in cui l’Fbi dichiara di aver sventato un complotto per un attacco terrorista alla Casa Bianca, proprio una settimana dopo i massacri di Parigi.

Doveva essere il momento della determinazione, dell’unità e della presa di coscienza di un Occidente sotto attacco. Sta invece rivelandosi, dopo l’emozione iniziale, come il momento dell’appeasement.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:12