La Mogherini, ingrata   e senza vergogna

Spiace doverlo ammettere ma, sulla vicenda dei marò, siamo messi malissimo. Basta leggere le dichiarazioni rilasciate dalla signora Federica Mogherini, alto rappresentante della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, al giornale “la Repubblica”, per comprenderlo. Sul punto specifico del contenzioso italiano con l’India, ciò che lei ha detto è semplicemente osceno.

Dopo tre anni di sordide manfrine con le quali i governanti, vecchi e nuovi, di Delhi hanno mortificato la dignità di due valenti rappresentanti delle nostre forze armate, lei ci viene a raccontare che i comportamenti delle autorità indiane potrebbero incidere sulle relazioni con l’Unione europea. E come? Se è davvero convinta che la Ue voglia fare pressione sul governo di Nuova Delhi per porre fine a una nefandezza assoluta ci dica quali strumenti concreti intende attivare perché dalle parole si passi ai fatti. Ha ricevuto formale mandato dalla Commissione per intervenire nel contenzioso italo-indiano?

La realtà non è una “marchetta” dei media di regime. La Mogherini non ha nulla in mano per obbligare gli indiani a fare alcunché e anche quella larvata minaccia, ben nascosta tra le pieghe della sua dichiarazione, non è niente. E’ aria fritta. Il potenziale aggressivo delle sue affermazioni è pari a quello di un fuciletto che spara tappi di sughero legati a una cordicella. Se colpiscono non provocano neppure il solletico. Sono passati tre anni e tutto quello che si riesce a ottenere dai palazzi di Bruxelles è un pugno di mosche. I marò? Cavoli vostri. E allora l’intervista alla Mogherini a cosa è servita? Perché un obiettivo recondito doveva pur averlo, visto che anche il più prono dei giornalisti si sarebbe accorto dell’inconsistenza delle risposte ricevute.

Se in fatto di esperienza e competenze la Mogherini ha dimostrato di non possederne più del cavallo di Caligola, in compenso “lady Pesc” ha messo in evidenza un’eccellente propensione all’antica arte dello scaricabarile. Nella seconda parte della sua dichiarazione –vero scopo dell’intervista- ha tenuto a far sapere che lei, da ministro degli esteri del governo italiano, aveva predisposto tutto l’iter procedurale per il ricorso all’arbitrato internazionale. Il che, tradotto dal politichese, si può leggere pressappoco così: “Io ho fatto quel che dovevo, se poi Renzi non vi ha dato seguito non è mia la colpa”. Complimenti! Bel modo per tirarsi fuori dalle responsabilità. Siamo certi che il cavallo di Caligola fu più riconoscente al suo mentore di quanto lo sia oggi la Mogherini con il suo. Ormai che la figuraccia da allocco gabbato il premier italiano l’ha rimediata, la sua ex attaché ne prende le distanze.

Renzi, con la solita spavalderia del so-tutto-io credeva di aver messo nel sacco il primo ministro indiano Narendra Modi. Ma l’ha guardato in faccia? Quello ha uno sguardo insieme glaciale e sornione da tigre del Bengala. E le tigri non temono i cacciatori, figurarsi i giovani merli. Renzi pensava di avere un accordo in tasca sull’affaire-marò stretto con l’omologo indiano lo scorso 15 novembre durante il summit dei “G-20” a Brisbane. In effetti, in quell’occasione, i due si sono parlati. Il merlo fiorentino pensava che ciò bastasse non intuendo che l’indiano voleva solo prendere tempo attendendo la fine del semestre europeo di presidenza italiana. Vi era una temporanea sovraesposizione d’immagine del nostro paese perché lo si potesse prendere impunemente a calci negli stinchi. È questo che deve aver pensato Modi decidendo di giocare con Renzi al gatto e al topo.

Morale della favola oggi ci sentiamo dire dai governanti indiani: “Fosse per noi l’accordo lo faremmo ma, sapete com’è, c’è di mezzo il potere giudiziario che da noi è libero e indipendente”. Ma come osate impartirci lezioni di civiltà giuridica? Con chi credete di avere a che fare? Per un simile affronto meritereste di essere presi a cannonate, ma siamo un popolo pacifico e vogliamo credere ancora in una possibile civile composizione della controversia.

Tra pochi giorni scade il periodo di licenza concessa dalla corte suprema indiana a Massimiliano Latorre. Per ovvie ragioni di salute il marò non sarà in condizione di ripartire per l’India. Tiriamo fuori gli artigli prima che loro lo dichiarino contumace. Evitiamo a quel povero ragazzo un’altra umiliazione e all’Italia un’altra offesa. Fuori le carte, dunque, e avanti con il ricorso al tribunale internazionale del mare per definire, una volta per tutte, chi abbia la giurisdizione sul maledetto affare della “Enrica Lexie”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27