“Premier rottamatore”   e il tempismo sbagliato

Nel corso della puntata natalizia del talk serale “diMartedì” condotto da Floris – uno dei pochi che si riescono a seguire fino in fondo – il giornalista Marco Damilano ha finalmente svelato il segreto di Pulcinella che si cela dietro la scelta di Renzi di sostituire Enrico Letta alla guida del Paese. Costringendo con ciò i due renziani doc presenti, Graziano Delrio e Simona Bonafé, ad arrampicarsi letteralmente sugli specchi onde giustificare l’azzardo del Premier, ammantandolo con le solite motivazioni di un ipotetico, supremo interesse nazionale.

In sostanza, Damilano ha spiegato che Renzi si è precipitato a defenestrare il suo compagno di partito perché, sulla base di previsioni che si sono poi rivelate del tutto sballate, contava di intestarsi una ripresa economica che non è arrivata e che, visto l’attuale andamento dell’economia, non si intravede all’orizzonte.

Ora, in questo rilievo sta, a mio avviso, tutta la cifra politica di un personaggio, per nulla dissimile da tanti altri animaletti politici che pullulano in Italia, che non ha nulla a che vedere con l’idea di uno statista che guarda, come disse Alcide De Gasperi, alle prossime generazioni. Qui ci troviamo di fronte all’ennesimo speculatore di consensi che ha ritenuto, confidando sulle sirene delle stime ministeriali, di lucrare su una provvidenziale accelerazione di una economia in forte crisi da anni, dando ad essa una semplice spintarella, seppur facendola precedere da alti peana propagandistici.

Da questo punto di vista, l’insensato provvedimento dei famigerati 80 euro ha rappresentato e continua a rappresentare il paradigma di una linea politica tutto fumo e pochissimo arrosto, con l’aggiunta di una valanga di altre tasse introdotte alla spicciolata. Sarebbe stato invece assai più ragionevole, se realmente Renzi avesse avuto intenzione di adottare una impostazione di governo tesa a sostenere direttamente la chimerica ripresa, concentrare i dieci miliardi spesi per il bonus nella riduzione dell’Iva, riportandola ai livelli pre-crisi. E invece scopriamo, dulcis in fundo natalizio, che la stessa imposta sul valore aggiunto è stata più che raddoppiata – dal 10 al 22 per cento – sul pellet con un emendamento alla Legge di stabilità voluto dallo stesso Governo Renzi.

E così, allo stesso modo del succitato combustibile ricavato dalla segatura, anche gli auspici di tornare a crescere in un futuro prossimo finiranno nel camino delle speranze perdute, riducendosi in polvere inerte, Iva compresa. La ripresa mancata e l’insostenibile aumento delle tasse che sta caratterizzando l’epopea renziana sono dati di realtà con i quali, prima o poi, anche il più entusiasta sostenitore dell’ex sindaco di Firenze dovrà fare amaramente i conti. Meglio tardi che mai.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:23