La risposta alla crisi:   revisionismo europeo

Nicolas Sarkozy ha aperto la sua campagna elettorale per tornare all’Eliseo cavalcando una linea che può essere sintetizzata nel principio “più Francia, meno Europa”. Ha esaltato l’identità francese tirando in ballo la storia, De Gaulle, la laicità, le troppe tasse di Holland, fino ad arrivare alla difesa dei prodotti agroalimentari ed alla critica dell’immigrazione incontrollata . E ha contestato duramente le competenze ed il burocraticismo dell’Unione Europea sostenendo che i francesi non ne possono più di un’Europa che pretende di dettare legge nella loro vita quotidiana”.

Nel dare una prima valutazione della ridiscesa in campo dell’ex presidente, tutti i commentatori hanno sottolineato come la linea di Sarkozy risulti condizionata dall’ombra incombente di Marine Le Pen. Il vero avversario del predecessore di Holland non è il partito socialista francese oggi al governo, ma il Front National oggi all’opposizione e rilevato dai sondaggi come la maggiore forza politica francese. Ed è quindi scontato che per erodere i consensi lepenisti Sarkozy usi toni ed argomenti dei propri concorrenti, dando ad essi l’autorevolezza che gli deriva da essere leader di un partito moderato con alle spalle una lunga esperienza di governo.

Ciò che avviene in Francia non può non influire su ciò che avverrà in Italia. Ma, prima ancora di prevedere se per fare concorrenza al lepenismo all’italiana della Lega anche Forza Italia imiterà Sarkozy e cercherà di dare peso ed autorevolezza moderata alle posizioni più rigide degli ex padani, è bene dare un’interpretazione più approfondita di quanto sta avvenendo in Francia. Dalla concorrenza tra le due componenti dello schieramento alternativo alla sinistra sta nascendo, probabilmente in maniera del tutto inconsapevole, una risposta all’interrogativo che ogni cittadino del Vecchio Continente si pone con preoccupazione crescente da qualche anno a questa parte. Come si esce dalla crisi più lunga e dolorosa degli ultimi settant’anni?

La risposta che si sta profilando in Francia non è quella della deriva nazionalista e razzista che viene tirata in ballo da chi punta ad esorcizzare il fenomeno crescente con il metodo caro alla sinistra della criminalizzazione. Ma, più semplicemente, è quella che si prefigge la revisione dei trattati che hanno dato vita all’Europa dei burocratici e dei tecnici privi di legittimazione democratica. E, quindi, la revisione dell’egemonia tedesca e del frutto più evidente di tale egemonia che è la moneta unica, modulata sul vecchio marco e battezzata euro.

Questa spinta non è contraria all’Europa intesa come la concepivano i Padri Fondatori, ma all’Europa come l’hanno edificata i figli disattenti alle distorsioni provocate dai loro interessi particolari, sia quelli delle nazioni più forti che quelli dei poteri finanziari più estesi e spregiudicati. Ciò che si va definendo in Francia, sia pure in maniera ancora confusa e contraddittoria, è una strategia per uscire dalla crisi fondata sul revisionismo europeo. Non per cancellare l’Europa ma per revisionarla al meglio. Non per eliminare l’euro, ma per adeguarlo alle esigenze ed ai bisogni reali dei cittadini europei. Non per distruggere l’egemonia tedesca, ma per convincerla a diventare il traino di una ripresa a vantaggio di tutti i Paesi del continente.

A questa strategia della revisione si contrappone, al momento, quella dell’appiattimento sull’esistente portato avanti da una sinistra incapace di affrancarsi dall’europeismo di maniera schiavo degli interessi particolari. Può essere che il revisionismo non sia la panacea di tutti mali. Ma rappresenta una risposta netta, chiara e comprensibile alla domanda su come si possa uscire dalla crisi. Una risposta a cui si contrappone solo la conferma dell’esistente. E che, per questo motivo, è destinata a risultare vincente. Sia in Francia che in Italia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:19