Manganellate del Pd e rischio di scissione

“Nec sine te nec tecum vivere possum”. La citazione di Ovidio sembra fotografare perfettamente la situazione interna del Partito Democratico. Si dice che incompatibilità antropologica tra renziani ed antirenziani non arriverà mai a provocare la separazione definitiva. Le due componenti sembrano condannate a convivere, almeno fino a quando la sinistra continuerà a considerare l’ipotesi della scissione come il modo migliore per fare un favore a Matteo Renzi.

Ma Ovidio parlava di amanti. Che si amavano odiandosi e si odiavano amandosi. Nel Pd, invece, non c’è ombra di sentimento nel rapporto tra le due anime. C’è solo ostilità reciproca alimentata paradossalmente proprio dalla consapevolezza che non c’è scarsa possibilità di separare i rispettivi destini.

Renzi non può permettersi la scissione di un segmento destinato a conquistare una quota elettorale di oltre il 10 per cento. Perché rischierebbe di annullare il risultato plebiscitario delle elezioni europee. Ed i suoi avversari non possono permettersi una scissione destinata a provocare le elezioni anticipate. Per non consentire al Premier di dare vita al proprio partito personale con cui rimanere al Governo vita natural durante attraverso la formula delle larghe intese con la destra berlusconiana.

Ma quanto può durare questa condanna alla convivenza ostile? La vicenda degli operai delle acciaierie di Terni manganellati dalla polizia indica che questa condanna può essere cancellata dalle tensioni sociali. Perché se la polizia del Governo del Pd usa le maniere forti per contenere la protesta di piazza degli operai del Pd, ogni possibile calcolo di convenienza salta. Ed “nec sine te nec tecum vivere possum” si sbriciola provocando la separazione traumatica e le conseguenti elezioni anticipate.

La vicenda degli operai dell’Ast non è un caso isolato. È sicuramente il primo di una lunga serie. Perché mentre le due anime del Pd si lacerano a colpi di insulti, la crisi aumenta e provoca l’inevitabile moltiplicazione delle tensioni sociali. Da adesso in poi i cortei, le manifestazioni, gli scontri saranno sempre più numerosi. E non perché ci sia qualcuno che vuole soffiare sul fuoco, ma perché il fuoco delle difficoltà crescenti di una società martoriata dalla recessione è già sufficientemente alto.

Matteo Renzi ed i suoi avversari interni sono consapevoli che il loro rapporto di odio e di utilità reciproca può essere infranto dalle tensioni non controllate. E dopo le manganellate e le proteste cercano di ridurre i toni delle polemiche. Ma la radicalizzazione del loro sconto è ineluttabile. Perché se Renzi non tiene alto il livello delle provocazioni che lancia a getto continuo nei confronti della Cgil e della minoranza interna non può sperare di convincere una parte degli elettori moderati a partecipare ai futuri plebisciti nei confronti della sua persona. E se il sindacato della Camusso e la minoranza antirenziana non reagiscono alla provocazioni alzando il livello dello scontro rischiano di finire in una marginalità da cui non potrebbero più uscire.

I prossimi ed inevitabili scontri di piazza, quindi, possono provocare il divorzio breve delle due componenti del Partito Democratico. Con tutte le conseguenze del caso. Prepararsi a questa eventualità non è una precauzione ma un obbligo!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:24