
Ma che razza di legge di stabilità è un provvedimento che prevede una manovra da oltre trenta miliardi tra bonus di ottanta euro, tagli di Irap (solo alle grandi aziende), Tfr in busta paga e non indica quale possano essere le coperture per misure così costose? In passato, quando la legge di stabilità si chiamava finanziaria, un provvedimento con simili caratteristiche veniva immediatamente definito di stampo elettorale. Perché a realizzarla erano governi che nella prospettiva di andare nel giro di pochi mesi ad elezioni anticipate si preoccupavano di varare misure rivolte a raccogliere facilmente consenso in favore della coalizione di maggioranza.
È una legge elettorale quella varata dal governo con l’annuncio che a finanziare i 16 miliardi di tagli di spesa, i 6,5 miliardi di tagli Irap, il miliardo e mezzo di contributi per i nuovi assunti ci penserà la lotta all’evasione ed, eventualmente, un qualche ritocco in alto della tassazione sui giochi e delle accise sulla benzina?
Considerando che la lotta all’evasione viene sempre considerata come la soluzione di tutti i problemi di bilancio e continua ad essere il problema perennemente irrisolto del sistema economico italiano, la risposta è fin troppo scontata. La nuova legge di stabilità ha tutte le stimmate del provvedimento elettoralistico, privo di coperture credibili e diretto solo a ricercare un facile consenso in un corpo elettorale sempre più fiaccato dalla crisi e sempre più desideroso di una speranza a cui aggrapparsi per non disperare dell’avvenire. Naturalmente la presenza di una legge di stabilità elettoralistica non significa che le elezioni anticipate siano alle porte.
Può essere che Matteo Renzi non abbia ancora deciso se sfruttare entro la prossima primavera la popolarità di cui continua a godere per stroncare con le elezioni la minoranza interna del Partito Democratico. O se abbia già stabilito di sfidare il rischio di logoramento ed andare avanti almeno per tutto il 2015. Ma nell’incertezza appare fin troppo evidente che il Presidente del Consiglio si prepara ad ogni evenienza. Anche a quella di dover ricorrere al voto anticipato per ottenere una nuova copertura popolare rispetto alle difficoltà internazionali (la pressione della Ue) ed a quelle interne (la resistenza della sinistra ortodossa e le tensioni crescenti nella società nazionale).
Rispetto ad un Renzi che comunque sistema il terreno nell’eventualità di una campagna elettorale diretta a fare piazza pulita dei nemici interni ed esterni, tutti gli altri leader appaiono in difficoltà ed in ritardo. Il progetto di Silvio Berlusconi di ricompattare il centro destra con l’alleanza con Lega e Fratelli d’Italia e trasformare questo schieramento nella calamita con cui recuperare pezzi del Nuovo Centrodestra è solo agli inizi. Sul fronte opposto Beppe Grillo appare in calo ed incapace di tenere insieme il suo variegato esercito con il collante della sola protesta (c’è sempre, come dimostra l’episodio di Genova, che i contestatori trovano sempre chi li contesta). Ed in mezzo la sinistra tradizionalista, quella dei dissidenti Pd , della Cgil e della Fiom, appare divisa, frastornata ed incerta se aspettare che la piena renziana presto o tardi esaurisca la sua spinta o raccogliersi in una unica formazione politica ed attaccare il Premier accusandolo di essere il clone del Cavaliere.
Le difficoltà dei suoi competitori possono spingere Renzi a giocare una carta elettorale per la quale si è comunque preparato. Ai suoi avversari non rimane altro che accelerare i processi in corso. Per non essere presi in contropiede dal degno erede dei governi democristiani della Prima Repubblica. Quelli che si giocavano le proprie fortune elettorali con i soldi del bilancio pubblico!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26