Tra le riforme vere   e le riforme del nulla

In tema di incontri europei, da tempo il nostro giovane Premier non perde l’occasione per rinfacciare alla Germania della Merkel di aver chiesto e ottenuto, quando governava il coraggioso Schröder, di sforare il tanto bistrattato limite del 3% di deficit statale. Tuttavia il Presidente del Consiglio in versione bulletto europeo si dimentica di aggiungere che la più grande economia continentale utilizzò questa temporanea deroga per sottoporre il Paese ad una vera e propria cura da cavallo. In particolare si ridusse drasticamente la spesa pubblica, con provvedimenti per noi inauditi sul piano delle pensioni, della sanità e dei sussidi alla disoccupazione, abbattendo contestualmente la tassazione, soprattutto quella che gravava sulla produzione. Tant’è che il leader socialdemocratico, dimostrandosi in questo un vero statista, perse la poltrona di primo ministro ma consentì alla Germania di riassorbire la crisi derivante dall’unificazione con la Ddr e di tornare ad essere la locomotiva d’Europa. A conti fatti, nel lasso di pochi anni il governo di Berlino è riuscito a tagliare di circa 5 punti la spesa pubblica, cosa che in rapporto al nostro ben più modesto Pil corrisponderebbe in Italia a qualcosa come 80 miliardi di euro.

Occorre inoltre ricordare che persino la Svezia, patria del welfare state, ha dovuto abbattere di molti punti le uscite pubbliche onde rimettersi sulla strada della crescita, riconoscendo implicitamente che sopra una certa soglia l’intervento dello Stato, per quanto etica e ordinata una collettività possa essere, tende a paralizzare ogni forma di attività produttiva, soffocando in sostanza la fonte della vera ricchezza delle nazioni.

Ebbene, su questo piano cosa sta facendo in concreto l’esecutivo Renzi? Poco o nulla direi. A parere dell’economista Mario Baldassarri, intervistato da TgCom24, infatti i presunti tagli alla spesa che si stanno predisponendo con la legge di stabilità rappresentano una classica mistificazione adottata praticamente da tutti i governi degli ultimi 20 anni. In sostanza si gonfiano in modo spropositato gli incrementi tendenziali dei vari ministeri per poi applicare il “bisturi” dei risparmi su poste di bilancio del tutto immaginarie. Ed è per questo motivo che il partito dominante della spesa pubblica continua a raccontare la favola di un sistema che avrebbe ridotto all’osso l’intervento pubblico, quando in realtà lo Stato controlla e spende oltre il 55% della ricchezza reale, comprendendo anche un buon 20% di sommerso. Favola che pure il governo della grande illusione sembra voler arricchire di nuovi argomenti, onde accrescere il peso dell’Italia in Europa. Ma le chiacchiere stanno a zero, come si suol dire. Se non si mettono in campo misure strutturali per diminuire una spesa pubblica sempre più contenuta da nuove tasse e nuovi debiti, unica a mio avviso precondizione per sforare il citato 3%, niente potrà salvare il Paese dalla bancarotta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:22