La “redistribuzione”   delle mazzate fiscali

Naufragata miseramente l’ennesima revisione della spesa elaborata dall’ennesimo commissario – il buon Carlo Cottarelli sta già facendo i bagagli – il Governo si prepara a mettere in campo una manovra finanziaria di piccolo cabotaggio, ma carica di altre tasse.

Ciò rappresenterebbe l’inevitabile conseguenza di una linea politica incapace di affrontare i grandi nodi sistemici di uno Stato che costa troppo, distruggendo con il lanciafiamme di una fiscalità a dir poco eccessiva ogni speranza di ripresa. E per giustificare il prevedibile arrivo di nuovi inasprimenti fiscali, l’Esecutivo dei rottamatori sta da tempo sperimentando una nuova e feroce forma di redistribuzione: quella tributaria.

Tant’è vero che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, ha recentemente dichiarato che “una riduzione della pressione fiscale in Italia non si traduce necessariamente in una riduzione delle tasse per tutti gli italiani. Quella in arrivo, in sostanza, potrebbe essere una grande operazione di redistribuzione fiscale”.

Redistribuzione fiscale che, vorrei sommessamente ricordare, è stata già adottata per coprire – in verità assai malamente – i famosi 80 euro di mancia elettorale. In sostanza, onde coprire la mossa a sorpresa del Premier Matteo Renzi, si è deciso di massacrare i risparmi investiti, compreso il mattone, con aliquote proibitive e dall’amaro sapore regressivo, penalizzando conseguentemente i contribuenti più modesti.

Tuttavia, proprio per far ripartire i consumi dal basso, anziché regalare 80 euro ad una ben definita platea elettorale, sarebbe stato più logico riportare l’Iva al 20%, impiegando la stessa quantità di risorse, ma con effetti certamente più efficaci sul piano della domanda interna. Invece, a quanto risulta dalle voci che circolano nella stanza dei bottoni, sembra che tra le imposte prese di mira dall’Esecutivo dei miracoli ci sia proprio l’Iva, innalzando di parecchi punti quella del 4 per cento, la quale com’è noto colpisce i generi di prima necessità. E nella malaugurata eventualità di inasprire l’aliquota dei poveri per antonomasia, ci troveremmo di fronte ad una maggioranza di Governo che, emulando il Superciuk di un celebre fumetto degli anni Settanta, ruba ai miserabili per dare ai ricchi, visto che tra le ragioni che hanno spinto Cottarelli ad andarsene vi è proprio il niet reciso di Renzi & company a toccare le pensioni alte prive di copertura.

Troppo impopolare togliere qualche spicciolo a chi riceve dall’Inps oltre 3.500 euro senza aver versato i necessari contributi. Meglio, dunque, inventarsi il gioco delle tre carte della redistribuzione il quale, come in quasi tutti i giochi d’azzardo, consente al banco di vincere sempre. Solo che questa volta, con un Paese stremato da una pressione fiscale insostenibile, i trucchi e gli illusionismi non possono che avvicinare per tutti il momento del redde rationem. L’ora delle scelte irrevocabili, caro Presidente del Consiglio, è scoccata da un bel pezzo. O si taglia la spesa e si abbassa la tassazione o si muore.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:29