
Il fianco debole di Matteo Renzi non è la sua smaccata deriva populista. Che dovrebbe far scattare come molle quegli esponenti del suo partito che sono stati talmente allevati a considerare una forma di fascismo ogni ricerca di consenso tra le masse popolari da nutrire l’ossessione per l’alleanza con le caste elitarie. Il fianco debole del premier, visto che le critiche di D’Alema, Bersani, Bindi e Camusso sembrano fatte apposta per dimostrare la sua scelta di stare dalla parte del popolo, è rappresentato dalla composizione del suo Governo.
Il problema non è la cosiddetta “bellocrazia”, a cui ha fatto riferimento Rosi Bindi sostenendo che le ministre dell’attuale Esecutivo sono state scelte più per l’avvenenza che per la capacità. Nel tempo presente la bellezza, oltre a non essere sinonimo di stupidità, è un elemento indispensabile del marketing politico. E la Bindi dimostra di aver perso la sua indubbia capacità nel rifiutarsi di accettare che le Boschi e le Madia rappresentano un elemento della raccolta del consenso del Presidente del Consiglio.
Il problema di Renzi, invece, è che per continuare ad avere il plauso ed il sostegno popolare non basta il red carpet quotidiano delle bellone e delle belline, ma è indispensabile non solo che l’avvenenza si coniughi effettivamente con la competenza ma anche che l’Esecutivo dia una immagine compatta ed efficiente di se stesso.
Questa esigenza è assolta? Nient’affatto. Al punto che troppo spesso Renzi sente la necessità di scavalcare e sostituirsi ai singoli ministri per supplire alle loro carenze o per riparare i loro errori. E ancora più spesso capita che ognuno di questi ministri vada per la propria strada senza minimamente badare a quella seguita dagli altri. Gli esempi del primo e del secondo tipo non mancano. E vanno da Renzi che oscura la Giannini alla Boschi che promette alle forze dell’ordine quei soldi del rinnovo del contratto che la Madia ha negato il giorno prima.
Nessuno dubita che il Premier, così proiettato a diventare il “Peron de’ noantri”, sappia e possa evitare che questa evidente debolezza del proprio Esecutivo diventi una malattia inguaribile. E fino a quando questa debolezza si manifesta su questioni comunque gestibili è facile che Renzi riesca a riparare il suo fianco debole. Ma che succede se l’azione di un ministro viene radicalmente sconfessata da un altro ministro?
La scorsa settimana si è aperta con l'annuncio da parte del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, di aver risolto brillantemente la questione “Mare Nostrum” convincendo la Ue a partecipare con Frontex alle operazioni per il salvataggio in mare dei migranti verso l’Italia e l’Europa. La grande stampa ha inneggiato ottusamente e conformisticamente senza minimamente rilevare che in realtà Alfano non ha risolto un bel nulla ed ha ottenuto solo un sostegno formale da parte della Ue. Ma ciò che non ha fatto l’informazione ha compiuto a fine settimana la ministra della Difesa, Pinotti. Che in una intervista ha lanciato la proposta di affidare alla Nato il compito di pattugliare il Mediterraneo e di risolvere il problema della raccolta e dell’accoglienza dei migranti verso l’Europa. Cioè ha proposto non solo e non tanto di costringere gli altri Paesi europei a dare all’Italia, attraverso la Nato, quell’aiuto che di fatto hanno negato ad Alfano ma ha chiesto esplicitamente di trasferire sul terreno militare della difesa del Continente un problema fino ad ora considerato di solidarietà umana da gestire al massimo in termini di ordine pubblico.
Di fatto, quindi, la Pinotti ha smascherato il fallimento dell’azione condotta da Alfano e, in nome dell’oggettiva preoccupazione che attraverso i flussi migratori l’estremismo islamico penetri in Europa, ha totalmente delegittimato il ministro dell’Interno. A dimostrazione e conferma che se Renzi non trasforma il Governo del marketing in un Esecutivo adeguato si troverà ben presto in mezzo ai guai!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28