Chiacchiere, distintivo   e Federica Mogherini

Con la nomina di Federica Mogherini al poco più che onorifico ruolo di Alto commissario europeo agli Affari esteri, la “rivoluzione” renzista aumenta sensibilmente il suo già elevato tasso di chiacchiere e distintivo, come si suol dire.

D’altro canto, per quella corposa maggioranza di sprovveduti statalisti, i quali ripongono le loro speranze nell’avvento del governo migliore, l’ingresso nella stanza dei bottoni di Bruxelles di un esponente dell’Esecutivo Renzi sembra preludere all’inizio di una trionfale rottamazione dei cosiddetti euroburosauri. Tant’è vero che la stessa Mogherini ha pronunciato un discorsetto di investitura lastricato di molte buone speranze, soprattutto sul piano economico-finanziario.

Lo stesso Renzi ha ribadito, per l’occasione, la sua molto contorta linea europea: rispettiamo le regole ed i vincoli ma chiediamo maggiore flessibilità. Il che tradotto nella lingua di venditori di fumo significa che Bruxelles dovrebbe chiudere tutte e due gli occhi sui soliti giochi di prestigio che da tempo caratterizzano la nostra finanza pubblica.

Trucchi contabili in salsa keynesiana sembra essere l’ultima spiaggia per il governo della questua europea. Incapaci di affrontare la madre di tutti i problemi, una spesa pubblica fuori controllo, i nuovi paladini della democrazia acquisitiva – quella che per intendersi si compra i voti con le tasse e i debiti – al potere si aspettano che la manna, sotto forma di altri prestiti, cada dal cielo con la benedizione di Draghi e dell’Ue.

Nel frattempo l’economia continua drammaticamente a ristagnare e il debito pubblico a crescere vertiginosamente, preludio per qualcosa di funesto nei mesi prossimi venturi. Ma l’Italia ha il suo asso europeo nella manica: la ministra del quasi nulla Mogherini.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21