Oramai (qualora ce ne fosse ancora bisogno di conferma) possiamo essere certi: alcuni partiti, soprattutto il Partito democratico ma non è il solo, pur di di non inimicarsi certi ambienti contraddistinti dal “manette comunque”, è disposto a qualsiasi cosa. Un semplice inquisito è (quasi sempre) comunque colpevole “a prescindere” solo perché “politico”.
La cosa più preoccupante, per chi come noi prosegue a sostenere che il colpevole (“politico” o normale cittadino che sia) deve esserre rinchiuso in carcere solo quando i tre gradi di giudizio ne hanno confermato la colpevolezza, è che il capo del Pd (cioè il presidente del Consiglio) e il ministro competente continuino a parlare – a dire il vero piuttosto sottovoce – di riforma della giustizia.
Ma nei fatti “la fifa è tanta” e allora meglio non contraddire il potere rappresentato da certi togati i quali, dal canto loro, ben consapevoli dei peccati più o meno “originali” di siffatti politici, approfittano per deciderne i destini anche se poi l’esito dei relativi processi va in tutt’altra direzione, tranne che in quella della colpevolezza degli indagati.
Ma il “manette comunque” piace: fa mettere in funzione le telecamere affamate di immagini-scoop, fa riempire pagine con condanne già scritte prima dello svolgimento dei processi, fa battere le mani a chi si nutre d’invidia e perde bava dalla bocca affamata di vendetta. Insomma il “manette comunque” è gradito. E allora perché non assecondarlo? Del resto, dietro le sbarre, ci vanno a finire sempre “gli altri”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:19