La ricetta keynesiana   in salsa fiorentina

Nel corso della lunga intervista televisiva curata da Alan Friedman, tra le altre cose, il premier Renzi ha esposto con chiarezza la sua idea per rilanciare l’economia italiana. In sostanza, come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, trattasi dell’ennesima ricetta keynesiana in salsa fiorentina che si può sintetizzare con una battuta: più spesa pubblica e più sviluppo.

Eppure, visto l’effetto nullo dei tanto decantati 80 euro (anche il Fondo monetario internazionale ha rivisto decisamente al ribasso il nostro pil, inchiodato a un +0,3 per cento), un campanello d’allarme avrebbe dovuto suonare nella testa di un presidente del Consiglio, tutto orientato a promettere miracoli economici attraverso il logoro strumento della cosiddetta redistribuzione delle risorse.

E invece, promettendo una nuova stagione di investimenti pubblici, egli si ostina a perseguire una linea profondamente errata per un sistema che non riesce a trovare fondi sufficienti per garantire un minimo livello di manutenzione infrastrutturale. In pratica, per dirla alla toscana, non ci sono quattrini per rattoppare le buche delle nostre impresentabili vie di comunicazione e Renzi ci propone strabilianti piani di edilizia scolastica, tanto per fare un esempio.

D’altro canto con una spesa pubblica corrente che continua a crescere, al pari di un debito sovrano che corre inesorabile verso il 140 per cento del reddito nazionale, la strada di continuare a spendere in deficit per drogare l’economia appare sempre più impraticabile. Per non parlare di una tassazione che ha raggiunto proprio sotto l’Esecutivo Renzi livelli da regime sovietico. Una tassazione feroce la quale, in estrema sintesi, rappresenta proprio la faccia oscura della keynesiana redistribuzione delle risorse ostinatamente sostenuta dalla nouvelle vague renziana.

Ma continuare ad inventarsi posti di lavoro facendo scavare le proverbiali buche, per poi provvedere a ricoprirle, non allevierà la nostra insostenibile fiscalità, visto che da qualche parte i soldi necessari dovranno pur essere reperiti. Anche perché, bisogna ricordare, che qualunque nuovo prestito finalizzato a realizzare altre pubbliche cattedrali nel deserto, darà sempre luogo a imposte future.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:22