
Matteo Renzi è convinto che i mancati successi in Europa, sulla flessibilità e sulla Mogherini, siano la conseguenza della lentezza con cui gli altri rappresentanti dei Governi della Ue si stanno abituando al suo metodo di lavoro.
C’è da augurarsi che questa convinzione sia fondata e non il frutto di un ego ipertrofico. Ma c’è anche il forte sospetto che il presidente del Consiglio non sia neppure sfiorato dall’idea che possa essere proprio il suo metodo di lavoro, in un ambiente dove non si tiene poco conto dell’apparenza e si debbono valutare i contenuti, a provocare i mezzi fallimenti registrati finora.
L’irresistibile ascesa ottenuta in Italia negli ultimi due anni deve aver convinto Matteo Renzi che inserire contenuti nel messaggio di novità che si vuole impersonificare serva solo ad appesantire il messaggio stesso. E ciò che è avvenuto nel nostro Paese sembra confermare in pieno questa convinzione. La sua ascesa è stata tanto veloce proprio perché libera dalla zavorra rappresentata dall’indicazione dei progetti e delle proposte concrete con cui realizzare la promessa d’innovazione espressa dalla sua persona.
Ma nella società della comunicazione e dell’immagine le novità prive di adeguato contenuto hanno vita breve. E se in Italia l’usura del messaggio che copre il vuoto sembra essere lenta (anche se le resistenze alle riforme economiche inesistenti e a quelle istituzionali abborracciate incominciano a scattare), in Europa la scoperta che il Re è nudo è stata immediata.
Anzi, è stato proprio il metodo di lavoro di Renzi a trasformare la sua apparizione sulla scena europea e internazionale in una bruciante battuta d’arresto. Renzi, grazie al suo giovanilismo teso a coprire il vuoto di concreta innovazione politica, è diventato preda dei pregiudizi anti-italiani d’Oltralpe, finendo catalogato come il solito Arlecchino proveniente dalla terra dei maccheroni.
Contestare questi pregiudizi è doveroso. Ma è altrettanto doveroso sottolineare che se presidente del Consiglio vuole liberarsi al più presto dello stereotipo negativo europeo e intende evitare che i passi falsi nella Ue incomincino ad accelerare il processo di delusione in atto nei suoi confronti in Italia, deve affrettarsi a dimostrare di saper riempire il vuoto di contenuti del suo messaggio e del suo metodo di lavoro.
In Europa non basta chiedere flessibilità in contrapposizione all’austerità. Bisogna anche avere la capacità di avanzare progetti concreti, in grado di rappresentare alternative percorribili alla netta opposizione a rilanciare la crescita con nuovi aumenti del debito pubblico.
E, in Europa, non si può giocare al risiko delle nomine puntando su qualcuno a cui non si lega una seria proposta politica. Soprattutto nel caso della Mogherini, se si chiede di affidare la politica estera della Unione europea alla rappresentante di un Governo come quello italiano che non ha ancora definito la propria politica estera, non rinuncia alla solita ambiguità sui rapporti tra Est ed Ovest e non osa neppure prendere in considerazione la necessità di affrontare in prima persona la latitanza della Ue nei confronti della sponda Sud del Mediterraneo.
A Renzi va chiesto di fare uno sforzo: comprendere che nella politica internazionale, e anche in quella italiana, non si vive di sole battute. Qualche idea ogni tanto è indispensabile.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27