
All’indomani della morte di Giorgio Faletti, Debora Billi, responsabile web dei pentastellati a Montecitorio, scrive sul suo profilo Facebook “se n’è andato Giorgio, quello sbagliato”. L’allusione a Napolitano, chiara e per giunta mai smentita dall’interessata, ha fatto sobbalzare tutti, scatenando una serie infinita di reazioni. Ovviamente sono seguite le poco convinte scuse di rito.
Queste ultime non sono servite ad evitare che venisse giù il mondo anche se, sinceramente, non si capisce di cosa ci si scandalizzi visto che la gentildonna non ha fatto altro che interpretare in maniera perfetta il prototipo del pensiero grillino nella sua accezione più goffa, maldestra e livorosa.
Il grillismo nasce dall’equivoco di fondo che l’uomo comune, il cittadino per l’appunto, possa fare politica al pari o forse meglio del governante navigato, nutrendo verso quest’ultimo un sentimento di odio misto a voglia di riscatto.
Questa ostentazione di superiorità dell’uomo qualunque, esibita per vincere un gigantesco complesso di inferiorità, è sfociata ben presto in un colossale fraintendimento del concetto di democrazia che diviene polverizzazione decisionale e improvvisazione plebiscitaria come se una legge, una tattica politica, una strategia decisionale, una scelta cruciale, fossero alla portata del quisque de populo, che trae la propria legittimazione dal fatto che naviga in rete e per questo viene riconosciuto come persona in grado di decidere.
A ben vedere, una simile sopravvalutazione del popolo, questa selezione di personale politico fatta al discount, ha generato la fortuna del M5S perché ha dato la stura alle frustrazioni di un’intera generazione (quella dei quarantenni) che si è sentita esclusa da un mondo politico che ha fatto casta, scambiando i cittadini per elettori da sfruttare e raggirare tenendoli ai margini della società.
Ovviamente, quando la voglia di riscatto diventa epica del riscatto, essa non può che produrre il frutto amaro della demagogica presunzione egualitaristica in base alla quale tutti possono fare tutto e non servono gli “scienziatoni” che con il loro “latinorum” pretendono di raccontargliela all’uomo della strada.
Quest’ultimo finisce con il convincersi che con un po’ di sano addestramento sia perfettamente in grado di far mangiare la polvere ai parrucconi che non sono migliori di lui e, per la verità, in molti casi non danno effettivamente prova di grande sapienza politica e grammaticale. Ogni riferimento ad Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, per esempio, è puramente casuale e giunge ad avvalorare tale falsa tesi.
Tutto ciò premesso, è inutile stupirsi per le improvvide esternazioni della povera Debora Billi (giornalista, laureata, ma non per questo esperta), perché è solo uno dei prodotti della dittatura dei neofiti, degli anonimi che ce l’hanno fatta e si sono trovati con un enorme potere nelle mani, senza sapere bene come adoperarlo. Volete la riprova? I grillini affidano alla “Rete” la redazione di una legge elettorale che viene ben presto denominata complicatellum in quanto definita dai più difficilmente applicabile, fantasiosa, farraginosa oltre che poco utile ad assicurare la governabilità.
Pensando di essere scaltri, a questo punto gli statisti grillini hanno provato a fare la supercazzola a Renzi: noi che siamo più furbi degli altri, ci mettiamo al tavolo con “l’ebetino”, fingiamo disponibilità, disarticoliamo l’alleanza con Berlusconi e poi, quando hanno litigato, lo lasciamo in braghe di tela costringendolo ad accettare la nostra linea o ad andare a casa condannato dal fallimento delle riforme. Noi siamo troppo ganzi e Matteo ci cascherà con tutte le scarpe.
Siccome Renzi non è di primo pelo e faceva intrighi quando ancora i pentastellati giocavano alla Playstation, ovviamente non ha abboccato, mandando su tutte le furie il trust di cervelli a cinque stelle e provocandone il risentimento infantile di chi pensava di giocare al gatto con il topo, mentre invece si ritrova con due zanne canine piantate nel fondoschiena.
L’ebetino, che poi ebetino non è, dopo averli ascoltati con insofferenza – e guardandosi bene dal rompere col Cavaliere – in trenta secondi ha fiutato la puerile trama e ha deciso di suonare la fine della ricreazione, costringendo gli scienziati grillini a piantarla con le spacconate ondivaghe, a rispondere per iscritto a domande precise sul modello di riforme e ad aggiornare l’incontro a quando i capricci fossero finiti.
Dopo le solite saette sparate sul blog di Grillo, è tornata una quiete accomodante, probabile immaturo preludio a qualche altro giochetto tipico del ragazzino che non si rassegna a non essere il più furbo in mezzo a un branco di cretini. Ma è il mondo dei grandi, cari grillini: crescerete e ve ne farete una ragione. Se avrete un’altra chance.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20