
È un’operazione azzardata e pericolosa quella che sta portando avanti Matteo Renzi, dipingendosi agli occhi dell’opinione pubblica italiana come il campione dei nemici degli “ottusi” banchieri tedeschi e dei privilegiati burocrati europei. L’azzardo è dato dal fatto che rubare il mestiere dei critici dell’Europa delle banche e della burocrazia può pagare in termini di facile consenso immediato, ma rischia alla lunga di farsi confondere con i vari Salvini, Grillo, Farage e Le Pen. E un premier che dopo aver vinto le elezioni europee come baluardo all’avventurismo degli estremisti si veste dei loro stessi panni, o punta alla fine dell’euro ed al conflitto con Berlino e Bruxelles, o perde di colpo la grande credibilità acquisita.
La pericolosità è invece data dall’illusione, che viene costruita nella testa degli italiani, di essere in grado di vincere l’ottusità dei banchieri tedeschi e gli egoismi dei burocratici europei e di poter ottenere in autunno quella flessibilità che dovrebbe riportare occupazione e benessere al Paese. Renzi per primo, ed il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, per secondo, sanno bene che non c’è alcuna possibilità di strappare dal governo tedesco e dai governi dei Paesi nordici europei l’autorizzazione ad aumentare il debito pubblico al livello necessario per il rilancio dell’economia e della crescita.
Al massimo, e sempre che le trattative riservate vadano positivamente in porto, si potrà ottenere una deroga pari a qualche miliardo, cioè ad una somma esigua che servirà nella migliore delle ipotesi a coprire la spesa degli 80 euro e quella provocata dall’aumento della cassa integrazione. Non un euro, in sostanza, potrà essere investito in crescita e ripresa. Tanto più che il debito pubblico in crescita costante minaccia di costringere il Governo a varare, al momento della ripresa autunnale, una manovra aggiuntiva di almeno una ventina di miliardi che, oltre a vanificare l’eventuale deroga alla rigidità, comporterà inevitabilmente nuovi e più pesanti sacrifici per gli italiani.
Non c’è da farsi illusioni, allora, sulla possibilità che un Renzi travestito da euroscettico possa ottenere i risultati che i media compiacenti ed irresponsabili indicano come inevitabili all’opinione pubblica. Anzi, sarebbe opportuno che a questa “operazione-illusoria” si sostituisse una “operazione-verità” non solo per far capire agli italiani che la crisi è destinata ad andare avanti e che i sacrifici non sono affatto terminati. Ma, soprattutto, per incominciare ad affrontare il tema di come fronteggiare in maniera concreta le nuove e più gravi difficoltà che si prospettano in autunno. Il premier insiste nell’affermare che solo andando avanti lungo la strada delle riforme sia possibile superare gli ostacoli vecchi e nuovi. E ha ragione.
Ma non saranno di certo le riforme del Senato e quella dalla legge elettorale a far ripartire l’economia. Ad esse, che formano la cornice istituzionale, si dovrà aggiungere un quadro di misure concrete su tasse e lavoro senza il quale ogni illusione si tradurrà in tragedia. E l’attuale Governo, che è formato da un Partito Democratico indebolito dalla “quinta colonna” dei conservatori post-comunisti, da un partito evaporato come Scelta Civica e da un altro partito in via di squagliamento come il Nuovo Centrodestra, è in grado di realizzare le riforme necessarie, da quella fiscale a quella del lavoro, indispensabili non tanto per la ripresa quanto per evitare il fallimento dello Stato? L’autunno, in sostanza, cancellerà ogni tipo di illusione ed imporrà scelte decisive. O la trasformazione del Governo inadeguato in un Esecutivo di salvezza nazionale o le elezioni anticipate!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27