L’arroganza europea   del bullo di Strasburgo

C’è un giovane bulletto che si aggira nei palazzi della politica europea, il suo nome è Matteo Renzi. Facendo impallidire una celebre macchietta del grande Ettore Petrolini, “Giggi er bullo”, il nostro premier si è presentato all’inaugurazione della presidenza italiana dell’Europarlamento, oltre al suo solito armamentario di chiacchiere e distintivo, sfoggiando speroni, pistola e cinturone.

E in effetti, osservando la durissima diatriba tra quest’ultimo e il capogruppo del Partito Popolare Europeo (Ppe), Manfred Weber, abbiamo potuto assistere ad una sorta di duello all’O.K. Corral. Tanto per cambiare, il motivo del contendere era legato alla chimera renziana della flessibilità; ovvero il tentativo di convincere l’Unione Europea a tollerare che l’Italia, nonostante un debito pubblico colossale e una crescita ferma al palo, possa sforare impunemente i già molto accomodanti vincoli europei. A questa richiesta, esposta con imbarazzante arroganza dal presidente del Consiglio, lo stesso Weber ha risposto molto seccamente, utilizzando – occorre sottolinearlo – argomenti che la nostra sparuta riserva indiana liberale sostiene da molti anni e che si possono sintetizzare in una sola, ma efficacissima frase: “I debiti non creano futuro, lo distruggono”.

Ciò, al di là di qualunque sofisma della nostra politica da quattro soldi, dimostra che c’è una consistente parte del Vecchio Continente che non è disposta a farsi forzare la mano dal sempre più spregiudicato leader democratico. In altri termini, se Renzi pensava di costringere i Paesi più virtuosi della zona euro a finanziare con l’inflazione – perché di questo si tratta – le sue spese pazze , ha ricevuto un formidabile stop alle sue ambizioni.

D’altro canto, se nel nostro disgraziatissimo Paese prevalesse il buon senso e la responsabilità individuale, non bisognerebbe collegarsi con Strasburgo per comprendere che la dicotomia rigore-crescita che i renziani, ma non solo, stanno propalando a piene mani da mesi è una pura mistificazione economica e finanziaria. L’intento di gran parte della nostra classe politica, in totale accordo con la pancia del Paese, è quello di continuare la politica delle cicale facendo pagare una parte del conto, dopo aver tartassato ben bene i produttori e i consumatori italiani, ai contribuenti del Nord Europa.

Nello specifico, a Renzi & company poco interessa la modalità con la quale coprire l’ennesima, sciagurata falla nei conti pubblici. Eurobond, project bond, nuova liquidità di carta o altri diabolici trucchi contabili, tutto andrebbe bene per continuare ad illudere un popolo sempre più confuso che con l’ottimismo della volontà, senza toccare una virgola di un impresentabile Stato assistenziale e burocratico, si possa tornare a veder le stelle.

Ciò che sto per dire forse a qualcuno farà storcere la bocca, tuttavia ascoltando l’entusiasmante reprimenda del tedesco Weber mi è venuta in mente una celeberrima frase di John Fitzgerald Kennedy, pronunciata di fronte al sinistro muro di Berlino: “Ich bin ein Berliner”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21