La fine di “Fare”, <br/ > il rilancio di Eta Beta

Quanto accaduto all’interno di Fare per Fermare il Declino in questi ultimi mesi pone l’accento su un problema che va al di là delle sconfortanti performance per le elezioni del Parlamento Ue e la conseguente dissolvenza del partito, concretizzatasi nell’assemblea dei delegati nazionali dello scorso 15 giugno. Si apre invece un chiaro interrogativo su quale “forma partito” dovrà necessariamente aprirsi la politica italiana.

“La storia insegna”! Ed è così che Pier Paolo Segneri e l’associazione “Il Cantiere” ci riporta a quel lontano 1993 quando, all’indomani della più epocale crisi della democrazia italiana causata da Tangentopoli, Giuliano Amato esordì con la sua nuova entità: Eta Beta, bestiolina dal grande cervello e da un corpo smilzo e minuto. Tutto questo perché il “fine dicitore” aveva intuito che all’interno dei partiti, per la maggior parte, esisteva un “ribollio di iniziative per dare una rappresentanza politica all’elettorato intermedio (a quel tempo valutato prioritario); ribollio che rischia di mettere a repentaglio il risultato”.

In questo modo, invece di costruire Eta Beta, “esiste il rischio che si finisca con piccole pattuglie interessate solo ad eleggere i propri leader. I vizi gravissimi che sono emersi nei vecchi partiti dell’area liberalsocialista - sostiene Amato - non cancellano né la nobiltà né il radicamento delle tradizioni e delle culture a cui essi si rifacevano”. I “pezzi nobili di storia”, però, non devono “giustificare labirintiche trattative per garantire continuità con il passato”.

Se questa era la realtà del dopo Tangentopoli, oggi credo che qualcosa di molto simile stia per implodere. Perché è ormai evidente: la partitocrazia italiana sta distruggendo i partiti. Mentre la democrazia, per vivere, ha bisogno dei partiti. Invece, purtroppo, i partiti non ci sono più. Anzi, stentano financo a manifestarsi! Il tutto si concreta volgarmente, ma purtroppo concretamente, attraverso l’effige o il nome del supposto leader! Di conseguenza, non possiamo neanche più parlare di democrazia. Molto presto, infatti, se le cose resteranno in questo modo, la partitocrazia fagociterà anche la nomenklatura che la rappresenta, incluso il novello Matteo Renzi e la sua politica stentatamente riformatrice, facilitando quindi involontariamente (ma concretamente) Grillo e la sua azione, purtroppo di sempre maggiore appeal: unica entità politica che potrà riempire la “nullità di questo vuoto di democrazia”.

Marco Pannella, Radicale sino all’osso, non più di un anno fa affermava: “La partitocrazia sta dando pericolosissimi colpi di coda perché è morta, nel senso che è nulla, e quando il nulla riempie il vuoto della storia, allora sono i momenti in cui accade il peggio”.

Per contro, il nulla deve ancora arrivare! Abbiamo davanti ai nostri occhi il segno del fallimento di questa longeva partitocrazia. È necessario che si aprano tempestivamente le porte a nuove forme di far politica, tali da poter realmente coinvolgere il popolo e rispondere alle necessità fondamentali del nostro Paese per sopravvivere e riappropriarci del nostro posto a livello internazionale. Il problema però è che nei partiti, usando una similitudine alla Segneri, “non ci sono più le porte. Sono state tolte!”.

Guardando anche in “Fare” ho avuto la netta sensazione di vedere e toccare con mano, soprattutto tra i più giovani e non di meno sulle pagine del “Forum”, persone che avrebbero tutte le qualità per assumere responsabilità politiche, per farsi valere, per dare un contributo fattivo d’idee e di lavoro, ma il partito non glielo consente! Anche in “Fare”, nonostante la giovane età, qualcuno ha pensato bene di eliminare le porte di accesso. Tutti i partiti, oggi più che mai, incluso “Fare” (e lo sottolineo a pieni polmoni!), vanno sempre più per una gestione interna finalizzata a una “selezione al rovescio” che premia i gregari, i meno creativi, quelli che danno meno fastidio, i burocrati insomma: si procede non per cooptazioni basate sulla credibilità dell’individuo, ma per cooptazioni che nascono da esigenze di potere fine a se stesso.

Anche in “Fare”, dunque, le cooptazioni sono avvenute secondo logiche e metodi non basati sulle attitudini e conoscenze e capacità delle persone, ma attraverso sistemi verticistici (vedi la stessa mail precongresso a firma di Michele Boldrin), conformisti, reazionari, clientelari e di conservazione del potere decisionale acquisito in ambito stesso del partito e sempre più lontano dalla realtà della possibile base elettorale. La fine della funzione nobile dei partiti è il male più grave della politica odierna. Senza una voglia di primeggiare più efficace ed efficiente nelle forze politiche, quali che esse siano, rimarremo per decenni con gli stessi leader, attuali e potenziali.

Insomma, servono partiti come quelli che vent’anni fa furono prospettati da Giuliano Amato con l’immagine di Eta Beta. Lo so di portare avanti una battaglia che confida più sulle necessità della storia che sui protagonisti della medesima. Ma spero che dalla storia si possano trarre sempre i giusti insegnamenti.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 17:04