La “fabbrica”  della corruzione

Ci risiamo. Nel 1994 e sull’onda di Mani Pulite si pensò di combattere il fenomeno delle tangenti e la iattura della corruzione dando vita all’Autorità di Vigilanza per i Lavori pubblici. A vent’anni di distanza e benché dal 1996 questa Autorità fosse diventata Autorità sui contratti e sui servizi pubblici aumentando di competenze e di personale, il Governo di Matteo Renzi ha deciso di rilanciare la lotta alle tangenti ed alla corruzione commissariando la vecchia Autorità ed innestando sul suo tronco l’Autorità Nazionale Anticorruzione, guidata dal magistrato Raffaele Cantone.

L’ennesima Autorità, ovviamente, sarà provvista di competenze più ampie di quelle precedenti e di un personale che, insieme a quello delle Autorità sostituite, raggiungerà la cifra considerevole di 350 unità. I risultati non particolarmente esaltanti dell’attività svolta negli ultimi vent’anni dalle vecchie Autorità avrebbe dovuto consigliare il Governo a riflettere sulla scelta di combattere la corruzione ed il tangentismo con un’ennesima e più forte iniezione di burocrazia.

Ma la spinta emotiva del caso Expo e del caso Mose, che peraltro sono la dimostrazione lampante della totale inutilità delle Autorità burocratiche, non ha neppure permesso di valutare la pessima esperienza passata. Così Renzi, sull’onda della pressione mediatico-giudiziaria in favore di una “seconda ondata” di manipulitismo, ha riesumato la vecchia idea di combattere la corruzione con la burocrazia e ha messo in piedi una struttura che, malgrado i possibili sforzi del povero Cantone, potrà essere solo una fabbrica di stipendi.

Per sperare di essere efficace, l’Autorità Anticorruzione avrebbe dovuto avere poteri di polizia. Non è forse vero che l’Fbi americano vide la luce ai tempi della grande depressione per combattere il crimine organizzato con poteri di polizia superiori a quelli dei singoli stati Usa? Ma in un Paese dove le forze dell’ordine sono divise in tante strutture autonome, ognuna con la propria tradizione e gelosa della propria autonomia, come poter trasformare in una sorta di “Super Polizia” un’Autorità Anticorruzione formata da trecentocinquanta burocrati ed un solo esperto della materia, cioè il magistrato Cantone?

Esclusa la strada “modello-Fbi” si sarebbe potuto seguire il sentiero della super-magistratura. Ma in un Paese dove i magistrati fanno carriera per anzianità ed in cui esiste già una super-magistratura, rappresentata da quella specializzata nella lotta alla Mafia, chi avrebbe mai consentito che l’Anticorruzione ed il suo titolare assumessero un ruolo così importante?

Così Renzi ha scelto di raddoppiare la burocrazia, quella che dice di voler combattere, ed a Cantone è stato dato un esercito di burocrati. Che non avrà poteri di polizia e nemmeno quelli giudiziari. Ma che potrà al massimo indicare ai prefetti le aziende in odore di tangente e corruzione da commissariare. Cioè da mandare in fallimento, visto che fino ad ora la maggior parte dei commissariamenti di aziende si è risolta in chiusura d’attività delle aziende stesse. E che, di assolutamente sicuro, comporterà nuove spese a carico dei contribuenti senza frenare in alcun modo la corruzione ed il tangentismo.

L’esperienza dei decenni precedenti insegna che l’eccesso di Stato burocratico produce l’eccesso di corruzione. E che la cosiddetta questione morale è soltanto una questione di elefantismo strutturale. Che non si cura invocando svolte etiche come vorrebbero quanti continuano ad occupare e sfruttare lo Stato. Ma si risolve procedendo alla liquidazione dell’eccesso di strutture burocratiche ed alla conseguente razionalizzazione delle normative.

Renzi, dunque, predica bene ma razzola malissimo. E l’esempio della nuova Agenzia Anticorruzione lo dimostra in maniera fin troppo evidente!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:29