Più strutture, più regole, più ladri

C'è sicuramente del vero nell'affermazione di Matteo Renzi sul fatto che il fenomeno delle tangenti non sia l'assenza delle regole ma la presenza dei ladri. Le regole non mancano. Anzi, sovrabbondano. E quanti invocano l'arrivo di nuove e più severe leggi lo fanno non perché siano convinti che la soluzione del problema consista nell'arricchimento dei Codici ma per blandire e cavalcare la richiesta di pulizia che sale spontaneamente dall'opinione pubblica del paese e trova facile sbocco nella richiesta di norme e pene più severe.

Anche i ladri non mancano. Anzi, sovrabbondano anche loro. Ma ad alimentarli non è quel presunto difetto genetico degli italiani che li spinge fatalmente a delinquere perché, secondo la tesi dell'antitalianismo nostrano, invece di essere diventati calvinisti sono rimasti cattolici. Ma è quell'altro difetto prodotto dalla storia millenaria del paese che tende a scaricare sullo stato le responsabilità degli individui trasformandolo in una macchina dove l'eccesso di responsabilità si trasforma in senso di superiorità e d’impunità e da cui scaturisce fatalmente il malaffare, la corruzione, la mala gestione. La vicenda dell'Expò ma, meglio ancora, quella del Mose dimostrano in maniera fin troppo evidente che la moltiplicazione dei ladri dipende dalla complessità apparentemente inestricabile delle strutture, delle competenze, delle normative di un sistema statale che è al centro della scena e da cui dipende completamente la sorte delle opere, delle aziende, delle persone. Sostenere che la soluzione del dramma della corruzione passi dalla formula del “meno stato più mercato” è sicuramente semplicistica. Ma prendere coscienza che solo attraverso la semplificazione della procedure, la riduzione delle competenze e lo snellimento delle strutture si possano ridurre le cause principali del fenomeno corruttivo è solo una questione di buon senso.

L'esperienza di alcuni decenni insegna che proprio l'eccesso di stato ha prodotto l'eccesso di corruzione. Si pensi soltanto all'istituzione delle Regioni che invece di ridurre il centralismo lo hanno riprodotto con tutti i suoi difetti storici in tutte le aree territoriali del paese. Certo, gli scandali scoppiavano anche prima che questo falso federalismo venisse realizzato. Ma è innegabile che la burocratizzazione ossessiva di ogni porzione del territorio nazionale, oltre ad aver prodotto la conflittualità assurda tra Stato e Regioni grazie alla scellerata modifica costituzionale voluta dal centro sinistra, ha causato la moltiplicazione e la generalizzazione dei fenomeni corruttivi. E l'esempio delle regioni è solo il primo e più evidente. La cosiddetta questione morale è soltanto una questione di elefantismo strutturale. Che non si cura invocando svolte etiche come vorrebbero quanti continuano ad occupare e sfruttare lo stato. Ma si risolve procedendo alla liquidazione dell'elefantismo delle strutture ed alla conseguente razionalizzazione delle normative.

Renzi, allora, non se la prenda solo con i ladri. Ma si preoccupi di evitare di ripetere gli errori compiuti dai suoi predecessori. Quelli che per risolvere un problema ne creavano altri e spesso irrisolvibili. L'occasione migliore per dimostrare di aver capito la lezione è a portata di mano. Non trasformi il nuovo Commissario per l'Anticorruzione Raffaele Cantone nel titolare di una struttura priva di poteri destinato comunque a scontrarsi con i responsabili delle Procure ed il resto della magistratura ed a diventare il capro espiatorio di conflitti difficilmente gestibili.

Moltiplicare poteri e competenze può servire a tenere a bada ambizioni e corporativismi ma provoca solo paralisi. Se vuole essere fedele al suo impegno ad agire Renzi non deve fare altro che semplificare, semplificare, semplificare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:29