Euro: capro espiatorio dei mali dell’Italia

Secondo alcuni autorevoli sondaggisti, il numero degli italiani che intendono restare nell’Euro è ancora superiore a quelli che vorrebbero abbandonarlo: il 50 per cento contro il 37%. Tuttavia poco prima della crisi economica gli euro-favorevoli raggiungevano ben il 70% degli intervistati.

Forse questi numeri spiegano meglio di ogni altro ragionamento il motivo per cui, con le elezioni europee alle porte, anche in Italia molti partiti e partitini stiano cavalcando, in modo irresponsabile dico io, il tema di un nostro surreale ritorno alla vecchia liretta, svalutata e svalutabile. Da questo punto di vista posso comprendere la Lega Nord di Salvini, la quale per non scomparire cerca di aggrapparsi ad una sorta di linea della disperazione, oppure la combattiva Meloni in versione nazional-lepeniana. Tuttavia, nell’ascoltare (ospite di Corrado Formigli) il suo attuale compagno di partito Guido Crosetto, co-fondatore di Fratelli d’Italia, nel battersi strenuamente contro i presunti disastri provocati dall’Euro, ho provato un certo disagio. Ciò soprattutto in virtù del passato imprenditoriale dello stesso Crosetto, il quale quando era nel Pdl sembrava intenzionato a rappresentare le più autentiche e frustrate aspirazioni liberali del centrodestra. Ma tant’è, il voto evidentemente non olet, al pari di quella bistrattata pecunia che gli anti-euristi di ogni provenienza intenderebbero riportare sotto l’ombrello della Banca d’Italia.

Da bravi illusionisti della politica, questi appartenenti al vasto fronte della cosiddetta sovranità monetaria hanno buon gioco ad utilizzare l’Euro come capro espiatorio dei mali italiani, principalmente all’interno di un Paese in cui latitano a tutti i livelli le più elementari nozioni di economia. Mali che, occorre sottolineare, sono antichi e di natura prettamente strutturale, così come mi trovo a scrivere da almeno vent’anni. Mali che insieme al tanto invocato ritorno ad una valuta nazionale ci porterebbero in un batter d’occhio verso l’ultima spiaggia dell’autarchia e del sottosviluppo. Ciò probabilmente riuscirebbe ad aprire gli occhi di chi oggi crede ciecamente nelle ricette anti-euro dei tanti speculatori di voti in circolazione; tuttavia a quel punto sarebbe troppo tardi.

Una volta che l’Italia abbia riavuto la sua farlocca sovranità monetaria – la quale in pratica serve solo alla classe politica per truffare i risparmiatori, impoverendo l’intero sistema – il sentiero che ci porterà ad unirci all’Argentina e al Venezuela sarà inesorabilmente tracciato. Dopodiché, con la valanga di cartamoneta che lo Stato si troverà costretto ad emettere per coprire le falle di una democrazia che si compra i voti con la spesa pubblica, potremmo concimarci il nostro personale orticello.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:23