La strada in salita di Matteo Renzi

Dopo la Merkel è stata la volta di Obama. Dopo che la Cancelliera tedesca ha ribadito a Matteo Renzi che i vincoli di bilancio non si toccano e che non ci potrà essere alcuno sforamento del limite del 3 per cento, è toccato al presidente americano ricordare al nostro Premier (e anche al capo dello Stato, Giorgio Napolitano) che la difesa costa e che a pagare non possono essere solo gli Stati Uniti ma tutti i Paesi dell’Alleanza Atlantica.

I giornali e le televisioni hanno riportato del giorno e mezzo romano di Obama solo l’aspetto formale e folkloristico. Le pacche sulle spalle a Renzi per le riforme annunciate, il deferente omaggio a Papa Francesco, lo stupore per il Colosseo più grande di uno stadio di baseball. Ma hanno volontariamente nascosto la sostanza del viaggio a Roma del presidente Usa. Che è consistita nel ricordare all’Italia di fare la parte che le spetta nelle spese militari, senza nutrire alcuna speranza che a pagare siano sempre e soltanto gli Stati Uniti.

I paletti entro cui Renzi può guidare il Paese nei prossimi mesi sono dunque fissati. Da un lato quello rigido di Angela Merkel, che impedisce qualsiasi tentativo di allargamento del debito pubblico per favorire la crescita, e dall’altro quello altrettanto rigido di Barack Obama sull’impegno a non ridurre le spese per la difesa in una fase internazionale segnata dal ritorno della guerra fredda tra Nato e Russia e dalla situazione esplosiva dell’intera costa meridionale del Mediterraneo.

Il nostro Presidente del Consiglio può anche continuare ad ubriacarsi delle cronache e dei commenti ridicolmente conformisti dei media amici. Ma presto o tardi sarà costretto a fare i conti con la realtà. Che non è quella della cordialità formale e degli incoraggiamenti che non costano e non si negano a nessuno, ma è quella dei rigidi confini entro cui l’Italia può muoversi secondo le disposizioni dei due Paesi-guida dell’Occidente e dell’Europa.

Il compito di Renzi non è affatto facile. Non solo perché la Merkel e Obama non faranno sconti di sorta. Ma soprattutto perché la classe politica italiana su cui il Presidente del Consiglio deve necessariamente poggiare non sembra minimamente in grado di essere all’altezza della situazione. La riprova si è avuta con la messa celebrata alle 7 del mattino di giovedì da Papa Francesco per i rappresentanti della gran parte della maggioranza di Governo (più qualche esponente di Forza Italia). Una messa che ha ricordato le convocazioni alle sette del mattino fatte da Marco Pannella al Parlamento degli inquisiti del ‘93. E che ha dimostrato come la classe politica al Governo abbia una coscienza di sé talmente ridotta da non poter rappresentare alcun puntello serio per una vera azione di rinnovamento e di cambiamento del Paese.

I cinquecento parlamentari - che il Pontefice ha volutamente umiliato convocandoli alle sette del mattino, e che ha duramente sferzato accusandoli di essere dei “sepolcri imbiancati” dediti ad una corruzione per cui non deve esistere perdono e che ha seccamente congedato senza un sorriso e una stretta di mano - hanno dimostrato di essere il perfetto equivalente del Parlamento degli inquisiti della fine dalla Prima Repubblica. Gente senza nerbo e senza dignità. Che si è lasciata maltrattare e fustigare dal Papa gesuita che furbamente cerca di ridare la verginità perduta alla propria Chiesa gridando allo scandalo della corrotta classe politica italiana. Gente che come quella della Prima Repubblica non può e non deve far altro che passare la mano per totale inadeguatezza morale e politica.

Merkel, Obama, Francesco. Per Renzi, appesantito dalla zavorra della sua maggioranza, la strada si fa incredibilmente impervia!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28