Realtà o propaganda in salsa fiorentina

C’è una parte del Paese che è francamente stufa di una classe politica che da anni si contende il potere a colpi di spesa pubblica e di svolte gattopardesche.

Come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine la cifra di un vero cambiamento, all’interno di un sistema collettivizzato come il nostro, la potrebbe dare solo una decisa riduzione del perimetro pubblico, ridimensionando i costi di uno Stato burocratico e assistenziale assolutamente insostenibile. Quindi, da questo punto di vista, la palude di cui vaneggia il Premier Matteo Renzi non è quella formata da un gruppo di mandarini super privilegiati, come l’amministratore delegato delle Ferrovie Moretti, messi a capo dei tanti italici carrozzoni dai vari protettori di partito. La palude della conservazione è costituita da milioni di piccoli e grandi interessi consolidati, che prendono il nome di democrazia acquisitiva. Una democrazia che, per l’appunto, si compra il consenso con la spesa e il debito pubblico. Una democrazia di Pulcinella che, ad esempio, fa spendere in pensioni all’Italia l’enormità di cinque punti di Pil in più rispetto alla media europea, mentre il “rinnovatore” Renzi si prodiga nel rassicurare che questo fallimentare capitolo di spesa non verrà toccato. Meglio distruggere il risparmio che non va in titoli di Stato, inasprendo le cosiddette rendite finanziarie.

Ma in realtà prendersela a colpi di annunci, senza aver elaborato uno straccio di misura concreta, con qualche burocrate para-pubblico trasformato in manager dalla politica fa molto Masaniello ed è, per questo, assai popolare tra gli ingenui e gli sprovveduti. In questo modo, senza colpo ferire, ci si cuce addosso un variopinto vestito da paladino dell’equità e della giustizia il quale, tuttavia, a noi scettici osservatori della politica sembra quello di un pagliaccio. Se infatti si volesse portare una forte ventata di moralità nelle alte retribuzioni dei settori pubblici, non ci si limiterebbe a solleticare con una raffica di sterili anatemi il diffuso sentimento dell’invidia sociale che, come scrisse il grande von Hayek, rappresenta un primordiale retaggio umano. Uno statista avrebbe già messo in campo una serie di misure, senza minacciarle col megafono, volte a riportare entro limiti ragionevoli il compenso dei citati mandarini.

Uno statista le cose le fa, o almeno tenta di farle. Un cantastorie in cerca di facile consenso le minaccia o le promette a seconda della convenienza del momento. D’altro canto le Europee sono alle porte e, in assenza di uno straccio di riforma di sistema, occorre che il Masaniello che occupa la stanza dei bottoni mantenga sempre viva l’attenzione sull’idea di cambiamento. Se poi trattasi di chiacchiere da bar in salsa fiorentina gli italiani lo scopriranno tra qualche tempo. Intanto votino e votino bene! Poveri noi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:22