Quote rosa rosse, quote rosa azzurre, sempre quote rosa, diverse nel colore della bandiera ma unite nell’assenza di arte e mancanza di sostanza (ovviamente politica).
Non è un giudizio sulle donne, ma sulle quote e sulla scelta dei nomi per coprire la casella riservata alla quota rosa. Piccole donne, Little Women, reginette designate dal leader del momento a volte attempato signore di grandi annunci, a volte giovane intraprendente di grandi speranze. Mara Carfagna, designata da Berlusconi, Marianna Madia designata da Veltroni, si perdono nel fraseggio stantio e consunto di un rituale noioso e ripetitivo, che fa venire in mente la risposta di Patty Pravo sulla Belen e la Canalis, quando presentavano Sanremo: non ho la più pallida idea di chi siano, non frequento i parrucchieri.
Se non fossero state paracadutate in Parlamento dal generoso Berlusconi e dallo scaltro Veltroni, si troverebbero nel territorio dell’anonimato, dove deambulano tanti cervelli eccellenti di donne e uomini italiani. Le due parlamentari rosa sono intercambiabili. L’una potrebbe essere berlusconiana e l’altra veltroniana, non se ne accorgerebbe nessuno. L’odore speciale dell’uguale; niente di creativo; un niente e basta (almeno non fanno danni). Una fisionomia parallela nel nome del benefattore, una desolazione di idee, concetti, ragionamenti, esperienze, saperi. Una sfida in un pareggio al ribasso.
La presenza plastica, poco rumorosa, di due signore, avvolte dal sedicente alone della giovinezza, dell’onestà (che non è poca cosa). Un’autorevolezza parlamentare mal riposta, non documentata, a volte sottratta anche all’egemonia dell’audience parlamentare. Niente di personale, la cruda realtà. Suona come un insulto alla rappresentanza del popolo sovrano e rende patetica ogni tipo di fede al partito di appartenenza. Discendenze politiche aventi un genotipo uguale ottenuto da un’unica fonte di reclutamento di personale politico: la vicinanza al capo/a o al capetto/a. La carriera viene assicurata dai voti conquistati dal protettore politico (Berlusconi/Carfagna; Veltroni/ Madia; Renzi/Boschi; Franceschini/Serracchiani, ecc.). Nella bistrattata Prima Repubblica il reclutamento partiva dalle sezioni di partito, dove gli iscritti eleggevano il segretario di sezione ed i segretari di sezione eleggevano il segretario cittadino e così di seguito fino al segretario nazionale del partito (meglio delle Primarie). Piccole popolazioni di nominati nascenti da una sola cellula (Berlusconi) o da una manciata di cellule (boss del Pd), facenti parte di una stessa famiglia politica (Berlusconi/Forza Italia; Partito Democratico/vecchi e nuovi leaders di area o di corrente).
Parentele di partito in nome degli elettori-cittadini destinati ad illudersi e disilludersi ad intermittenza come un semaforo. Le vicende della vita politica dell’Italia provocano nella gente un sussulto di stupore, la scoperta di intuizioni non espresse o espresse in modo insufficiente: il senso del dolore, del male, della sofferenza per l’incertezza del domani, la fede nel partito di appartenenza, la miscredenza per la preventiva sfiducia, i limiti della ragione e della scienza, la vaghezza del valore della libertà. Non c’è più distinzione, un unico gregge che si divide per il credito concesso al capo branco; gregari di leaders sconfitti dagli eventi e risorti per la pochezza di quelli della parte avversa, nell’inutile, quanto fuorviante ricorso alle coordinate sinistra-destra.
La differenza è tutta giocata nell’apparenza: bella/brutta persona; donna/uomo (meglio donna); giovane/adulto-vecchio; titolato/non titolato (meglio non titolato, perché vicino ai problemi della gente); politico di carriera/proveniente dalla società civile; amministratore pubblico/imprenditore privato. Qualche slogan pubblicitari: chi ha naso sceglie birra; chi mi ama mi segua; come natura crea, il partito conserva; come vivere a lungo mangiando una mela al giorno. Poche e vaghe idee, programmi con il copia/incolla. La conoscenza della realtà è lasciata alle statistiche lette a seconda della convenienza e qualche numero urlato nei talk show senza saperlo valutare ed interpretare. Una grande bellezza.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:22