Il gioco delle poltrone del Matteo nazionale

I più seri osservatori del nostro sempre più impresentabile teatrino della politica concordano su questo giudizio: la presa di Palazzo Chigi senza passare attraverso il giudizio delle urne rappresenta un grave errore per il “nuovista” Renzi.

Ma tant’è, sembra emergere in lui la filosofia - sempre valida nel mondo dei professionisti della politica - di agguantare l’uovo oggi anziché aspettare la gallina domani. È probabile che nella mente del giovane parvenu democratico sia prevalsa la tentazione di una veloce e sicura scorciatoia, invece di attendere pazientemente le prossime elezioni. In questo modo egli, evidentemente, ritiene di prendere almeno due piccioni con una fava, come si suol dire. Da una parte, infatti, evita di farsi logorare in un indefinito interludio, il quale sembrava si volesse connotare con un interessante percorso di riforme, e dall’altra parte raggiunge la sua agognata poltrona senza correre i rischi di un confronto elettorale. Inoltre, piazzando i suoi uomini nelle stanze alte del governo, viene incontro alle crescenti aspettative dei cosiddetti rottamatori.

Ma una volta varcato il Rubicone politico, sconquassando ulteriormente un partito dilaniato da continue lotte intestine, Matteo Renzi si troverà costretto a cercare di portare a termine l’intera legislatura, dato che nella sua nuova condizione di Premier nulla di diverso gli potrà essere perdonato, in primo luogo dal suo elettorato. Quindi il segretario del Pd dovrà governare nel modo più incisivo possibile, realizzando cose che diano al Paese reale la sensazione di un qualche cambiamento sostanziale. E dovrà farlo contando su una maggioranza sempre più raccogliticcia, dunque instabile e ballerina per definizione.

Ora, come ho già avuto modo di scriver su queste pagine, l’unica strada che può salvare il sistema italiano da un collasso prossimo futuro passa necessariamente per un taglio drastico della spesa pubblica e della conseguente, feroce tassazione. Mentre anche nei proponimenti di Renzi, al pari del resto dell’attuale offerta politica dei partiti più grandi, sembra prevalere nettamente l’idea di superare l’attuale crisi aumentando ulteriormente i già esorbitanti impieghi della mano pubblica. E se il Matteo nazionale immagina di rimettere in carreggiata il Paese di Pulcinella risparmiando un miliardo nei costi della politica - ammesso e non concesso che vi riesca - e inasprendo al 27% la già folle - soprattutto nel meccanismo - tassazione sulle rendite finanziare, si sbaglia di grosso.

Con le azioni dimostrative e i pannicelli caldi non si risolve un bel nulla. Se non si abbatte un Leviatano che divora enormi risorse, mandando fuori mercato l’intero apparato produttivo, l’unica alternativa che resterà ad un Renzi primo ministro sarà quella del suo amico-nemico Letta: vivacchiare alla giornata, sperando che la ripresa mondiale aiuti il nostro proverbiale stellone. E sarebbe questo il grande cambiamento promesso?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:24