Ci vorrà ancora tempo e fatica per superare i tanti ostacoli che ancora si frappongono, ma con l’incontro tra Renzi e Berlusconi il primo passo verso la Terza Repubblica è stato compiuto. E non si è trattato di un passo che può essere cancellato da un qualche ritorno all’indietro. Anche quelli che non condividono e si oppongono all’intesa tra il segretario del Partito Democratico e il leader di Forza Italia si rendono conto che azzerare la spinta alle riforme di un bipolarismo maturo venuta dall’incontro si ritorcerebbe fatalmente contro chiunque tentasse di farlo.
La sinistra del Pd, magari d’intesa con qualche “cespuglio” della coalizione governativa, può anche meditare di mandare all’aria il patto tra Renzi e Berlusconi provocando la crisi di Governo o boicottando al Senato l’iter della nuova legge elettorale. Ma sa che il prezzo di questa operazione potrebbe essere un voto anticipato, in cui chiunque fosse stato l’artefice dell’affondamento del processo riformistico sarebbe destinato ad essere spazzato via dal corpo elettorale. È difficile, allora, che la spinta possa essere frenata. Anche perché la sinistra Pd e i “cespugli” hanno ottenuto dall’intesa tra i due leader la prosecuzione del Governo Letta fino al 2015.
Cioè il tempo necessario per prepararsi al meglio alle inevitabili trasformazioni che verranno imposte dalla nuova legge elettorale e dal futuro assetto istituzionale. E non possono non comprendere che se non vogliono essere travolti dalle innovazione non debbono far altro che prepararsi al meglio al cambiamento. Ma che significa prepararsi? Significa incominciare ad adeguarsi ad uno scenario in cui i partiti, non solo quelli più piccoli ma anche quelli più grandi, dovranno considerarsi non più come soggetti isolati ma come componenti di ampi e articolari schieramenti. Nel futuro assetto istituzionale disegnato dalla legge elettorale concordata da Renzi e Berlusconi, i principali soggetti politici non saranno i singoli partiti ma le grandi aree politiche.
Aree che sulla base degli ultimi risultati elettorali sono tre, quella di centrodestra, quella di centrosinistra e quella dell’opposizione antisistema di Beppe Grillo. Ma che un processo riformatore inevitabilmente riconosciuto come unica alternativa al caos potrebbe sicuramente ricondurre a due grandi schieramenti di un bipolarismo non più virulento e muscolare, ma finalmente fondato sulla democrazia dell’alternanza tra forze egualmente legittimate. I partiti minori (ma anche quelli maggiori), in sostanza, hanno un anno di tempo per predisporre i grandi schieramenti, cioè le confederazioni di partiti o i rassemblement. E, soprattutto, hanno tutto il 2014 per entrare nella logica del nuovo bipolarismo da Terza Repubblica.
Una logica che non cancella il potere di ricatto delle piccole formazioni politiche, decisive per le sorti elettorali delle grandi coalizioni. Ma che lo riduce e lo incanala nell’alveo di un sistema dell’alternanza che ha come unica alternativa quella dell’esplosione dello stato democratico. Certo, non sarebbe male favorire questo processo attraverso un’innovazione da aggiungere all’abolizione del Senato elettivo, alla revisione del Titolo V ed all’introduzione del nuovo sistema elettorale anche una apposita normativa per la democrazia interna ai partiti ed ai rassemblement. Le Primarie per legge sarebbero il tocco finale di una innovazione che per un Paese conservatore come il nostro avrebbe un impatto autenticamente rivoluzionario!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26