Anche se un po’ lascia perplessi, si può dire che tutto è comprensibile. Facciamo quindi anche finta di comprendere chi esulta per la decisione del Tar del Piemonte che stabilisce (dopo quasi quattro anni) di annullare i risultati delle elezioni regionali del 2010, o chi si ostina a far finta di nulla di fronte ad una decisione che rischia realmente di trasformarsi in un precedente pericolosissimo.
Su, dobbiamo avere il coraggio di dirlo tutti: dopo quello che è accaduto in terra piemontese, in qualsiasi momento si “svegli” (è proprio il caso di dirlo...), il primo giudice che passa può decidere che un governo - locale, regionale o nazionale che sia - possa accomodarsi fuori dalla porta alla faccia di quello che viene definito “voto democratico”. E in effetti è proprio la democrazia che viene fatta a fette, sulla testa della volontà popolare si può tranquillamente passare col passo pesante: è sufficiente indossare una toga.
Invece ci sentiamo di sostenere l’esatto contrario perché - e non siamo i primi a scriverlo - qui sono solo due le ipotesi. La prima. La presunta irregolarità compiuta nel 2010 dalla lista Pensionati per Cota è stata gravissima e allora quasi quattro anni sono davvero troppi per ripristinare la legalità e per questo i giudici amministrativi torinesi dovrebbero essere sanzionati per il loro colpevole ritardo. La seconda. L’illecito compiuto quasi quattro anni fa non era poi così grave e in questo caso, allora, la decisione dell’altro giorno del Tar del Piemonte altro non costituirebbe che un tentativo di destabilizzare l’ordinamento democratico.
Altre ipotesi non se ne intravedono ed in entrambi i casi sopra sommariamente esposti (se fossimo in uno Stato dove anche il potere giudiziario venisse controllato e giudicato in caso di errori o omissioni) i giudici amministrativi piemontesi dovrebbero essere chiamati a rispondere del loro operato.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25