Nuovi Ghino di Tacco sono in lotta tra loro

Angelino Alfano sostiene che il suo Nuovo Centrodestra gode di una condizione privilegiata. È determinante per la stabilità del Governo di centrosinistra e, al tempo stesso, sarà determinante per le sorti dell’intero centrodestra in occasione delle prossime tornate elettorali. La rivendicazione è giusta. Perché senza l’apporto dei voti dei parlamentari che, usciti dal Popolo della Libertà, hanno dato vita al Ndc, il Governo di Enrico Letta non è in grado di andare avanti neppure per un giorno.

E perché è fin troppo evidente che nelle future elezioni politiche, anche se fossero celebrate con il doppio turno tanto caro a Gaetano Quagliariello, solo un elettorato di centrodestra formato da tutte le sue diverse componenti potrebbe competere ad armi pari con lo schieramento di sinistra. Ma questa condizione, sicuramente privilegiata, ha un elemento di estrema debolezza.

Proprio perché trasforma Alfano e il suo Ncd in una sorta di nuovo Ghino di Tacco che può pretendere un salato pedaggio a chiunque si avventuri dalle sue parti, provoca l’automatico isolamento di chi indossa le vesti del taglieggiatore. Ed espone la nuova formazione politica guidata dal vicepresidente del Consiglio non solo all’ostilità scontata del Partito Democratico di Matteo Renzi, di Forza Italia e delle altre formazioni del centrodestra non governativo, ma scatena la concorrenza di tutte quelle altre forze minori che rivendicano anch’esse la rendita di posizione del proprio ruolo determinante rispetto all’attuale Governo e agli schieramenti bipolari del futuro. Che Renzi non abbia alcuna intenzione di subire i veti ed i condizionamenti di Alfano è ormai fin troppo evidente.

Non per antipatia personale, ma per una precisa ragione politica. Chi è stato eletto segretario del Pd all’insegna della fine delle larghe intese e della ripresa dell’iniziativa di un partito a vocazione maggioritaria, deve necessariamente combattere chi pretende di condizionarlo con la minaccia della crisi di Governo. E lo deve fare anche a costo di arrivare a prevedere la fine di un Esecutivo che ai suoi occhi è paralizzato proprio dalla presenza condizionante degli scissionisti del centrodestra.

Altrettanto evidente, poi, è che in questa azione il segretario del Pd trovi sponda in quella Forza Italia che oltre a voler far pagare agli alfaniani il “tradimento” subito non ha alcuna intenzione, quando sarà il momento delle elezioni, di pagare prezzi troppo elevati per il ritorno a casa degli scissionisti. Meno scontata ma assolutamente reale, invece, è la concorrenza nei confronti del Nuovo Centrodestra di chi, come i due tronconi della vecchia Scelta Civica, si considera ugualmente determinante sia per la sopravvivenza dell’attuale Governo che per le future fortune elettorali della sinistra e del centrodestra. Se la scissione del Pdl avesse prodotto la nascita di un nuovo centro deciso a rompere lo schema bipolare, il fenomeno della concorrenza tra i “cespugli” non sarebbe scattato.

Ma prima l’esperienza del Governo Monti e poi quella dell’Esecutivo Letta hanno dimostrato l’impossibilità di dare vita ad un progetto del genere. E ora Alfano, Mauro, Casini e lo stesso Monti sono costretti a competere tra di loro per chi ha maggiori possibilità di condizionamento (di ricatto) nei confronti non solo di Letta e del suo Governo, ma anche di Renzi e del suo partito. Le rendite di posizione sono vantaggiose nel breve periodo. Ma presto o tardi finiscono. E portano alla rovina chi ne ha abusato.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:29