Il “Nuovismo” senza via d’uscita

Osservando da parecchi lustri il teatrino della politica italica, non può che apparirmi piuttosto grottesca la corsa al cambiamento di burla che si è scatenata tra il nuovista per eccellenza, Matteo Renzi, e il suo avversario interno più temibile, il premier Enrico Letta. Un primo assaggio lo abbiamo avuto sulla questione simbolica dei finanziamenti ai partiti, in cui il Presidente del Consiglio ha provato a prendere in anticipo il fresco neo-segretario del Partito Democratico. In sostanza Letta ha riproposto sotto forma di decreto il medesimo disegno di legge con il quale si aboliva il finanziamento medesimo con l’unico scopo di accorciare i tempi, così da poter spendere sul piano propagandistico una misura che nella realtà dei conti pubblici sposta ben poco.

Ma nella speranza, soprattutto per il premier, che la ripresa mondiale possa trascinare in qualche modo anche la nostra traballante economia, è prevedibile attendersi che da qui in avanti altri simili colpi di scena, fondati su pure operazioni di maquillage politico, verranno presentati al popolo come azioni di sostanziale rinnovamento. Tuttavia, a prescindere da quanto ottone i nuovisti, tanto della prima che della seconda ora, riusciranno a spacciare per oro colato, resta per essi un problemino di non poco conto da affrontare, soprattutto per quelli che riusciranno ad entrare nella stanza dei bottoni nella prossima legislatura. Infatti, malgrado l’ottimismo sparso a piene mani da Letta e Renzi (quest’ultimo, in particolare, va in giro a sostenere che l’Italia è in grado di diventare in dieci anni il Paese trainante della Comunità Europea), costoro dovranno fare i conti sulle crescenti aspettative di buona parte del Paese e, soprattutto, del loro elettorato di riferimento.

Aspettative di ulteriore protezione sociale e, conseguentemente, di allargamento di quel perimetro pubblico che già adesso risulta incompatibile con qualunque tentativo di riprendere a crescere. E se, al di là delle chiacchiere e della propaganda, non esiste altra strada per uscire dai guai che non passi per una decisa riduzione della spesa corrente e della pressione fiscale allargata, non s’intravede all’orizzonte uno straccio di linea politica che vada in questa direzione, né tra i nuovisti renziani e né altrove. Proprio perché la vasta pancia di una collettività in drammatica crisi continua ad invocare come medicina, ossia più Stato, il male medesimo, nessuno degli uomini più in vista del momento sembra avere il coraggio di prospettare ciò che effettivamente occorrerebbe fare, sempreché si possegga una visione corretta sul piano generale.

E francamente, pensare che ad affamare la “bestia” possano provvedere gli esponenti, per quanto rinnovati, di una sinistra che continua a lanciare anatemi contro un neo-liberismo che in Italia non si è visto neppure in cartolina mi sembra più che una pia illusione. Staremo a vedere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:50