Futuro segretario senza partito

I risultati dei congressi provinciali del Partito Democratico indicano con estrema chiarezza che Matteo Renzi potrà anche vincere le primarie dell’8 dicembre, ma che il grosso dell’apparato del partito non vuole salire sul carro del vincitore e non si piegherà facilmente alla sua leadership. La condizione del sindaco di Firenze è sicuramente migliorata rispetto alla sfida con Pierluigi Bersani. Allora Renzi era visto dall’apparato e da una larga parte della base del Pd come una sorta di alieno totalmente estraneo alla storia e alla tradizione non solo del filone post-comunista del Pd ma anche del filone cattolico-democratico.

Nel frattempo, pero, l’appoggio massiccio dei grandi media, sostenitori per esigenze commerciali di qualsiasi fattore di novità del quadro politico nazionale, ha compiuto un mezzo miracolo. L’alieno antibersaniano è diventato il sicuro vincitore delle primarie e l’arcisicuro vincitore delle future elezioni politiche. E quest’alone di novità legato alle previsioni ed agli auspici di facili e scontate vittorie ha fatto breccia in gran parte della base del Pd e in alcuni settori dello stesso apparato pronti a mettersi al vento di nuove fortune. Ma l’onda miracolistica in favore di Renzi ha migliorato la difficile condizione di partenza del sindaco di Firenze ma non l’ha ribaltata del tutto.

Per cui è facile prevedere che a metà dicembre il Pd si ritroverà con un nuovo segretario privo del consenso della maggioranza dell’apparato del proprio partito. Se Renzi fosse Cuperlo, cioè un personaggio venuto fuori dal corpaccione del Pd, si impegnerebbe in trattative continue con gli esponenti a lui contrari per blandirli, convertirli, rassicurarli e coinvolgerli nella sua gestione. Qualunque funzionario di partito si comporterebbe in questo modo. Ma Renzi non è Cuperlo. Nel senso che il sindaco di Firenze non ha la cultura, la tradizione e l’abitudine del funzionario di partito. La sua caratteristica principale è proprio quella di essere, caratterialmente, culturalmente e anche fisicamente, un uomo nuovo totalmente diverso dai dirigenti tradizionali.

Il ché esclude tassativamente che l’investitura a segretario possa spingerlo ad aprire una lunga fase di estenuanti trattative interne per evitare di farsi logorare e liquidare dall’ostilità della parte maggioritaria dell’apparato. E lascia immaginare una fase più consona al carattere e alle ambizioni del personaggio. Quella in cui per evitare il logoramento interno si punta alla rottura all’esterno per costringere l’intero partito a sfidare il destino in maniera unitaria.

Per consolidare la leadership, in sostanza, Renzi non ha altra strada che provocare la caduta del governo Letta subito dopo l’approvazione della legge di stabilità e puntare ad elezioni anticipate in primavera. Solo impegnando il partito nella battaglia esterna può scongiurare il pericolo del Vietnam interno. E solo conquistando il ruolo di Premier dopo quello di segretario può sperare di rivoluzionare un partito che è rimasto tenacemente e ferocemente fermo agli anni ‘70 del secolo scorso.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:23