Renzi, un giovanotto che fa l’illusionista

Dopo essermi sbellicato dalle risate rivendendo le varie parodie di Matteo Renzi ad opera del comico Maurizio Crozza, ho voluto sorbirmi il lungo intervento del sindaco di Firenze in chiusura della sua lunga kermesse alla Leopolda. E debbo francamente dire che i rilievi satirici del popolare uomo di spettacolo sono più che fondati.

Ci troviamo di fronte ad un vero e proprio campione dell’illusionismo politico il quale, vista la ancor giovane età, sembra possedere un grande talento naturale nell’arte necessaria per raggiungere la stanza dei bottoni: la mistificazione. Ora, per quanto nel gioco del consenso conti assai più l’immaginazione rispetto alla grigia concretezza della realtà, soprattutto in un frangente tanto critico per il Paese bisognerebbe utilizzare con cura la leva delle aspettative future, nel caso si puntasse seriamente ad entrare a pieno titolo nella stanza dei bottoni. Sotto questo profilo, è doveroso riconoscerlo, il buon Bersani - dato per favorito nelle politiche di febbraio - in campagna elettorale dette prova di una certa ragionevole prudenza, chiedendo al suo popolo di non aspettarsi miracoli.

Miracoli che, al contrario, continua imperterrito a promettere il suo avversario di allora: Renzi. Sostanzialmente quest’ultimo basa le sue fortune politiche su una storica illusione della nostra democrazia: il ricambio giovanilista. Ovvero che basti semplicemente svecchiare l’intera classe politica per ottenere finalmente quel mondo perfetto che nessun partito è stato finora in grado di realizzare. Contrariamente al messaggio realmente rivoluzionario espresso all’America degli anni ‘80 da un vecchio attore hollywoodiano, divenuto poi presidente, tutto centrato sul senso della responsabilità individuale, il rampante sindaco di Firenze punta tutto il suo appeal sull’idea di cambiare solo gli uomini al comando, lasciando sostanzialmente inalterati gli obiettivi e gli spazi dell’azione politica.

Da qui, per l’appunto, consegue la sua azione illusionistica, tesa a dimostrare in estrema sintesi che è possibile addirittura aumentare il perimetro delle prestazioni dello Stato - basta ascoltare ciò che pensa Renzi in merito all’immenso e imbarazzante carrozzone della pubblica istruzione - abbattere la pressione fiscale e rilanciare lo sviluppo economico. Ovviamente, su questa linea un giovane di belle speranze che abbia raggiunto la credibilità nazionale di Renzi può avere buon gioco nel frantumare ogni concorrenza, compresa quella interna al suo non-partito chiamato Pd. Tuttavia, una volta raggiunto l’agognato obiettivo di Palazzo Chigi, ci si dovrà confrontare con i nodi sistemici di un Paese affetto da un eccesso di Stato, di spesa pubblica e di tassazione.

Nodi sistemici che per essere sciolti comportano un alto prezzo sociale e politico da pagare, visto che in Italia vi è un crescente esercito di individui che vivono di spesa pubblica. E dato che l’unica strada percorribile, al di là delle chiacchiere, per rimettere in sesto la nostra economia è quella che passa per una drastica riduzione delle risorse controllate dallo Stato, mi risulta difficile credere che a farlo sia un giovanotto il quale, pur di farsi incoronare “re”, è disposto oggi a promettere tutto a tutti. Staremo a vedere.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:11