
Gran parlare – e come farne a meno? – di Matteo Renzi, della sua trionfale marcia, dei tanti che salgono sulla sua diligenza in soccorso e aiuto del vincitore. Retrò come siamo, e certamente in errore, ci si riconosce nel lapidario giudizio dato da Emanuele Macaluso: “Un segretario così, che dice cose così sull’amnistia, non risolverà i problemi del Partito Democratico. Piuttosto glieli procurerà”. In attesa dell’evento, si può comunque già osservare con divertimento amaro quello che accade.
Quelli di Tammany Hall erano dei dilettanti. In questi giorni il Pd è impegnato nelle “Primarie”, istituto derivato dal mondo anglosassone che ci si ingegna con rara maestria a rovinare e depauperare. A Napoli, per esempio. Dice Pippo Civati, uno dei candidati: “Vedo che qui il PD fa tessere al ritmo di mille al giorno, ma questo non ha senso e falsa il risultato”. In provincia di Catania hanno dovuto sospendere i congressi in tre paesi, Ognina Picanello, Santa Maria di Locodia e Camporotondo Etneo, dopo aver constatato che molti si erano presentati nei circoli con persone che pagavano le tessere al posto loro. A Palermo, nel giro di un paio di giorni gli iscritti sono aumentati di quattro o cinque volte rispetto al 2012. A Caserta sono stati costretti a rinviare il congresso e si ipotizza il commissariamento tanto è insanabile la frattura tra sostenitori di Renzi e Gianni Cuperlo.
Il parlamentare veltroniano Roberto Morassut viene spedito a “controllare” la regolarità dei congressi nel Salento. Lasciamo perdere che Morassut, in quanto veltroniano, e per questo sostenitore di Renzi, non appare esattamente al di sopra delle parti. Ascoltiamo quello che dice: “Nel partito sono rimasti solo gli apparati, che si combattono tramite il tesseramento”. A Teramo si registra un impressionante balzo: gli iscritti nel 2012 erano poco meno di 3.200. Oggi sono quasi 9mila. Ad Avellino hanno fatto arrivare i “rinforzi”: una cinquantina di nuovi iscritti risultano residenti a Casalnuovo di Napoli. E uno potrà pensare: cose che capitano nel sud d’Italia.
A Torino che proprio sud non è, gli iscritti nel 2012 erano 12mila. Oggi risultano distribuite 25mila tessere. Come si spiega? Giovanni Lunardon, spedito a indagare, la mette così: “Le 26mila tessere sono date dalla somma delle 12.347 degli iscritti del 2012, a cui si aggiungono le 4.337 bianche dei circoli, cioè il 30 per cento, la quota fisiologica per i nuovi iscritti, poi ci sono le mille richieste del coordinamento provinciale per sopperire alle eventuali mancanze”. Chiaro. A Torino tutti i vecchi iscritti si riscrivono in automatico.
Nessuno che dissenta, che cambi idea, che muoia. Poi c’è un 30 per cento in bianco lasciato ai circoli, e vai a capire perché; e poi altre mille, nel caso non sia sufficiente il 30 per cento in bianco. Solo che sommando il tutto si arriva 17.684. Per arrivare a 26mila, all’appello ne mancano ancora più di 8mila. “Sono dei doppioni inviati per sbaglio a 29 circoli su tutta la provincia”. Olé! Una situazione che anche ad occhi foderati di prosciutto come quelli che devono esserci a via del Nazareno appare imbarazzante; così si cerca di correre ai ripari.
Dalla sede nazionale è partita una circolare che fissa le soglie di aumento di iscritti da considerare fisiologiche e tollerabili: “È considerato compatibile l’aumento delle tessere per il 2013 fino ad un massimo del 25 per cento, se gli iscritti per il 2012 sono stati inferiori al 10 per cento dei voti ottenuti dal Pd alle Politiche del 2013… l’aumento delle tessere fino ad un massimo del 20 per cento, se gli iscritti del 2012 sono stati compresi tra il 10 e il 15 per cento dei voti ottenuti dal Pd alle politiche… e un massimo del 10 per cento se gli iscritti 2012 sono stati superiori del 15 per cento dei voti ottenuti dal Pd alle Politiche”. Al di sopra di queste soglie, si entra nel campo della “disfunzione”. Tradotto in linguaggio più terra terra, significa tessere comprate, tesseramento gonfiato, truppe cammellate. Il “nuovo”. Avanzi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:50