
A sinistra l’odio nei confronti di Silvio Berlusconi e il disprezzo verso chi lo ha votato sono talmente forti da spingere i dirigenti e i giornalisti di quest’area a trattare lo scontro in atto nel centrodestra tra il Cavaliere e Angelino Alfano nello stesso modo con cui trattarono lo scontro tra lo stesso Cavaliere e Gianfranco Fini. Chi non ha perso la memoria ricorda bene lo schema manicheo adottato dalla sinistra in occasione della rottura tra il leader del centrodestra e l’ex presidente della Camera.
Da un lato venne presentato il padre-padrone, il proprietario di un partito di plastica, il populista antieuropeo, il solito Cavaliere nero capace di ogni nefandezza. Dall’altro il campione di una destra finalmente moderna, presentabile, europeista ed europea, l’uomo che avrebbe eliminato l’anomalia berlusconiana e riportata la normalità nel sistema politico italiano. Tra i dirigenti e i giornalisti della sinistra nessuno si rendeva minimamente conto che una glorificazione così eccessiva e esasperata di Gianfranco Fini, che cancellava in un colpo solo anni e anni di antifascismo militante speso nei confronti dell’ex erede di Giorgio Almirante, non avrebbe giovato alla causa dell’ex presidente della Camera.
Lo avrebbe fatalmente presentato agli occhi dell’elettorato di centrodestra come un traditore e un volgare voltagabbana. E avrebbe inevitabilmente favorito la resistenza del leader al tentativo di defenestrazione compiuto tra il giubilo dei nemici storici della propria area politica. Ma il disprezzo della sinistra per l’elettorato di centrodestra, considerato antropologicamente minorato proprio per aver seguito per vent’anni il Cavaliere, impedì di capire l’errore marchiano compiuto. Con il risultato che Gianfranco Fini è stato cancellato dai suoi vecchi elettori dal panorama politico italiano. Su Angelino Alfano grava lo stesso pericolo. Con l’aggravante che lo schema usato dalla sinistra per la vicenda Fini si carica nel suo caso di un’ulteriore suggestione.
La glorificazione che viene fatta del suo tentativo di defenestrare il leader del centrodestra viene anche presentata come inevitabile e sacrosanto parricidio che viene compiuto sempre in nome dell’esigenza di cancellare l’anomalia berlusconiana e riportare la normalità (cioè l’egemonia della sinistra) nella vita pubblica italiana. Anche in questo caso il disprezzo nei confronti degli elettori del centrodestra è totale. Nessuno si pone il quesito se questi elettori vogliano o meno la defenestrazione diventata anche parricidio.
E anche quelli che se lo pongono liquidano la faccenda con la convinzione che questi elettori sono talmente stupidi da meritarsi la fine del vecchio leader e l’avvento di un leader comunque dimezzato. Alfano, che non è uno sciocco, sembra essere consapevole che l’abbraccio eccessivamente affettuoso della sinistra eternamente manichea rischia di fargli fare la fine di Fini.
E c’è da augurarsi che, a differenza di chi lo vorrebbe diretto verso una rapida scissione sostenendo che la lealtà al governo Letta deve essere superiore a quella verso Berlusconi, abbia la forza e il coraggio di sciogliersi dall’abbraccio mortale. Tanto più che la fine del governo verrà decretata dalla prossima segreteria Renzi. E che quando si andrà alle elezioni l’unico ancora in grado di prendere voti per tutti sarà sempre Berlusconi. Non importa se come candidato o come simbolo!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:15