Epifani, Bindi  e sprovveduti del Pdl

La forzatura compiuta dal Partito Democratico con l’elezione di Rosy Bindi e di Claudio Fava alla presidenza e alla vicepresidenza della Commissione Antimafia ha una spiegazione fin troppo evidente. Non è una alzata di testa irresponsabile tesa a strappare la precaria tela su cui poggia il governo delle larghe intese e non è neppure la scelta di dare comunque una poltrona a Rosy Bindi per accontentarla preventivamente in vista delle prossime primarie destinate ad essere vinte dal suo avversario Matteo Renzi.

La decisione di Guglielmo Epifani di dare il via libera all’occupazione dei vertici dell’Antimafia da parte della sinistra e di Cinque Stelle è il lucido tentativo di spaccare a metà il Popolo della Libertà prima che il maggiore partito del centrodestra si possa ricompattare in occasione del voto del Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi.

A fornire su un piatto d’argento l’occasione al segretario del Pd di lacerare il principale alleato delle larghe intese l’hanno offerta nei giorni scorsi due circostanze. La prima è stata l’intervista in cui il ministro Quagliariello ha spiegato che la corrente dei governativi del Pdl è decisa a sostenere il governo anche in caso di nuova minaccia di crisi da parte del Cavaliere.

La seconda si è verificata con il documento dei 24 senatori di rito alfaniano in cui si è ribadito che il governo deve andare avanti a dispetto di qualsiasi critica proveniente dal Pdl sulla legge di stabilità. In gergo calcistico, quello offerto da Quagliariello e dai 24 senatori alfaniani, si chiama assist. Ed Epifani, con la forzatura sull’Antimafia, non ha fatto altro che prendere la palla graziosamente passata dal ministro e dai governativi del centrodestra e buttarla prepotentemente in rete. Nella certezza che da adesso in poi il Pd potrà prendere a calci e a pallate il Pdl visto che una parte consistente del partito berlusconiano rimarrà comunque fedele ad Enrico Letta piuttosto che al Cavaliere.

L’elezione a dispetto di Rosy Bindi è dunque stata per Epifani l’occasione per allargare il solco tra lealisti e governativi del Pdl e premere sui primi per farli reagire con durezza all’atto di prevaricazione del Pd e costringere i secondi ad accelerare il processo di separazione dai fedelissimi berlusconiani. Si è trattato, dunque, di un’operazione tesa apertamente e dichiaratamente a provocare la spaccatura e la scissione del Pdl.

Che può anche essere commentata sottolineando la spregiudicatezza di Epifani e del Partito Democratico. Ma che costringe obbligatoriamente a rilevare come la mossa di Quagliariello e degli alfaniani sia stata un clamoroso errore. Perché, anche nel caso sia nata dalla volontà di rompere apertamente e definitivamente con il partito, è servita solo a depotenziare non solo la parte lealista del Pdl a cui è stata tolta l’arma della minaccia di crisi ma anche quella governativa che è stata condannata a subire sempre e comunque le prepotenze e le prevaricazioni del Pd. Quagliariello e i suoi 24 senatori hanno dunque commesso un errore marchiano.

Da dilettanti e non da professionisti della politica. E non solo perché hanno disarmato il Pdl, ma hanno trasformato loro stessi negli ostaggi passivi da una sinistra ben felice di sfruttarli fino a quando faranno comodo ma ben decisa a buttarli a mare quando non saranno più utili. Certo, non si tratta di un errore irrimediabile. Alfano è stato il primo a correre ai ripari rilevando che la legge di stabilità non è un Vangelo intoccabile. Ma ogni tentativo di recupero difficilmente riuscirà a togliere dalla testa degli elettori del centrodestra, di quelli che non passeranno mai a sinistra, l’immagine che si sono fatta di Quagliariello e dei 24 senatori. Quella di chi è talmente sprovveduto o masochista da tagliarsi gli attributi per far scontenti i lealisti!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:52