
C’è chi parla di scissione, chi la fa e chi si comporta come se ci fosse già stata. A parlarne sono i lealisti e gli alfaniani del Pdl, che tra una dichiarazione di lealtà al leader Berlusconi e una fedeltà perenne al Cavaliere non fanno altro che litigare tra di loro e prepararsi a quella che ormai considerano una scelta già scontata. Ma mentre nel Pdl si discute di una scissione futura, “Scelta Civica” si frantuma in mille pezzi e perde addirittura il suo fondatore Mario Monti, che si ritira nel gruppo misto.
E il Pd , impegnato in una campagna congressuale apparentemente già conclusa ma nei fatti piena di sussulti e manovre più o meno oscure, si comporta come se una divisione tra le diverse componenti sia già avvenuta da tempo. Ciò che si è verificato alla Commissione Antimafia, con lo scontro tra franceschiniani e governativi pronti a votare per la presidenza dell’esponente di Scelta Civica, Dellai, e gli antigovernativi che hanno fatto saltare l’accordo sventolando la candidatura di Rosy Bindi, è la conferma che il Pd non è un partito ma una sorta di confederazione di correnti ognuna decisa a camminare per conto suo. Nulla di male se le varie forme di scissione minacciate e realizzate facessero solo parte dello scenario del teatrino della politica.
Il guaio è che costituiscono il tema dominante delle forze politiche che tengono in vita il governo di larghe intese. Ed è facile rilevare che se questa è la principale preoccupazione della coalizione governativa, non c’è da essere troppo ottimisti sulla tenuta della coalizione stessa. Enrico Letta si consola con la benedizione di Obama, un presidente Usa che evidentemente conosce talmente poco la realtà italiana da compiacersi con il nostro Presidente del Consiglio per riforme che non solo non sono state ancora realizzate, ma che non sono state neppure individuate e concordate. Ma è fin troppo evidente che la consolazione non cambia in alcun modo il quadro di totale frantumazione in cui il governo si trova ad operare. La crisi, in sostanza, continua ad essere dietro l’angolo.
E non solo perché il Pdl potrebbe ritrovare la propria compattezza nella difesa ad oltranza di Silvio Berlusconi in occasione del voto del Senato sulla sua decadenza. Ma perché prima di quella data la spaccatura di Scelta Civica potrebbe ripercuotersi in maniera devastante sulla tenuta del governo. E dopo quella data l’approssimarsi del momento in cui i militanti e i simpatizzanti del Pd sceglieranno il nuovo segretario potrebbe provocare lo stesso effetto su una coalizione di larghe intese che i tre principali candidati alla segreteria, Renzi, Cuperlo e Civati, osteggiano e vogliono cancellare.
In condizioni normali un quadro caratterizzato da tali e tante tensioni avrebbe già attivato procedure destinate a determinare nuovi equilibri politici con un diverso governo o a preparare il ricorso alle elezioni anticipate. Ma la condizione attuale è del tutto anomala. Saltata la “finestra” elettorale di novembre non c’è che girare la boa dell’approvazione della legge di stabilità e della fine dell’anno e aspettare gli eventi. Cioè l’arrivo della tempesta perfetta per il mese di gennaio!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:14