Il sogno di snellire la burocrazia

In tema di lotta alla burocrazia, con l’arrivo dell’ennesima strizzatina fiscale targata legge di stabilità, non poteva mancare un cenno al sempre desiderabilissimo obiettivo di ridurre la burocrazia. D’altro canto, almeno a chiacchiere, non c’è forza politica che non dichiari di battersi strenuamente per una decisa semplificazione degli adempimenti e delle procedure imposti dalla mano pubblica. E sempre a chiacchiere, così come per le tasse, tutti promettono miracolose ricette per rendere più facile la vita dei cittadini e delle imprese sul fronte della medesima burocrazia.

 Nonostante sia dall’inizio della cosiddetta seconda Repubblica, quindi circa un ventennio, che si lanciano continue crociate contro le scartoffie inutili e gli altrettanto inutili passaggi burocratici, le cose sotto questo profilo sembrano addirittura peggiorare di anno in anno. Malgrado i proclami, il Paese reale non riesce minimamente a togliersi di dosso il pesantissimo fardello di una burocrazia la quale, insieme all’eccesso di tasse, tende a soffocarne qualunque forma di iniziativa spontanea, economica e non.

Ora, proprio il fatto che in sostanza mai nessuno sia riuscito in tutto questo tempo ad incidere minimamente nel problema dovrebbe far riflettere sulla natura profondamente sistemica del problema medesimo. In poche parole, è assai probabile che l’eccesso di burocrazia di questo disgraziatissimo Paese, al pari di tanti altri mali di natura endemica, rappresenti solo il portato finale di un lungo processo di statalizzazione della società col quale, in maniera graduale ma continua, si è prodotto un forte squilibrio tra produttori privati e chi vive, sotto le più disparate voci, di spesa pubblica.

A grandi linee ciò ha comportato una tendenza alla proliferazione delle più disparate categorie di uffici pubblici, spesso spuntati come funghi sull’onda di edificanti proponimenti sociali. Non a caso, proprio a partire dagli anni Novanta, è cominciata la lunga stagione delle authority e dei garanti, con relative pletore crescenti di impiegati e funzionari ben retribuiti. Si è addirittura giunti al paradosso di istituire figure pubbliche con lo scopo di snellire determinate procedure, le quali si sono poi trasformate in ulteriori fardelli, inventandosi a loro volta ulteriori complicazioni ai danni dei cittadini. Il motivo per cui tutto questo accade è piuttosto semplice.

L’eccesso di Stato e di politica alimenta la spinta, ben presente in alcuni settori della società, alla burocratizzazione del sistema. E una volta che la mano pubblica ha messo la sua sinistra bandierina, accaparrandosi spesso in via esclusiva una determinata competenza, il braccio armato della burocrazia tende per moto proprio ad ampliare la propria influenza, onde legittimarne la stessa esistenza. Esercitando quindi una costante e quasi invisibile pressione nei confronti della sfera politica, la burocrazia ha reso fin qui vani tutti i tentativi di ridurne il peso ed il costo sostenuto dal Paese reale.

D’altro canto, finché non si comprenderà che solo riducendo il perimetro dello Stato, eliminando di sana pianta buona parte delle competenze pubbliche, è assai probabile che ad ogni inizio di estate la nostra politica del nulla si ritroverà in cima ai suoi compiti per le vacanze la chimera di una burocrazia snella che tutti dicono di volere ma che nessuno sa come raggiungere.

D’altro canto, all’interno di una democrazia parlamentare che pretende di occuparsi dei cittadini sotto ogni aspetto dalla culla alla tomba, appare difficile immaginarsi un deciso alleggerimento del potere degli uffici. Sotto questo profilo Stato, politica e burocrazia risultano da sempre elementi del tutto inscindibili.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:50