
Goffredo Bettini ha deciso di organizzare un “Campo democratico” per rifondare dal basso il Partito Democratico. L’esempio andrebbe seguito anche sul versante opposto. Non per semplice imitazione.
Ma perché chi vuole conservare la democrazia dell’alternanza non può consentire che mentre la sinistra s’incammina sulla strada della rigenerazione e rifondazione partendo non dagli interessi dei vertici ma dagli umori e dalla volontà dei suoi elettori e simpatizzanti, il centrodestra rimanga fermo alle liti tra i suoi dirigenti impegnati a contendersi l’eredità di un leader peraltro nient’affatto scomparso.
I sondaggi dimostrano che l’area moderata non si è affatto frantumata e divisa, ma rappresenta ancora (e come sempre) la maggioranza del Paese. C’è un solo modo capace di vanificare questo dato di partenza. Ed è quello di paralizzare il partito che di quest’area costituisce il puntello principale con una conflittualità interna provocata non da fratture politiche e culturali ma da sole lotte di potere.
Di fronte a uno spettacolo del genere anche la base elettorale del centrodestra, quella che non voterebbe mai a sinistra, può lasciarsi prendere dalla rabbia e dalla delusione e decidere di passare all’astensione o lasciarsi tentare dalla protesta antisistema del Grillo di turno.
Per evitare un pericolo del genere, che farebbe saltare la democrazia dell’alternanza e consegnerebbe il Paese a una sinistra divisa tra il nulla programmatico di Matteo Renzi e le nostalgie del passato di Gianni Cuperlo e Giuseppe Civati, non c’è altra strada che avviare un processo di rifondazione e rigenerazione dal basso anche nel centrodestra.
Mentre i vertici si contendono l’eredità politica di Silvio Berlusconi e nel farlo, al di là delle dichiarazioni di fedeltà e lealtà al leader, contestano di fatto il loro unico titolo di legittimazione, dalla base dovrebbe partire una spinta tesa a dare un nuovo titolo di legittimazione democratica a una classe dirigente che se n’è insensatamente privata. Si tratta, in sostanza, di non limitarsi ad assistere passivamente alle lotte di potere tra i designati, ma di dare voce e rappresentanza ad una base che ha pieno diritto a partecipare alla discussione sul futuro del maggior partito del centrodestra.
Come Bettini ha dato vita al “Campo democratico” nel Pd, dunque, bisognerebbe dare vita a un “Campo liberale” nel Pdl-Forza Italia. Per ripartire dal basso e, soprattutto, da quella richiesta di rivoluzione liberale e di modernizzazione della società nazionale che rimane la richiesta più sentita di un elettorato sempre più vittima dell’oppressione fiscale dello stato burocratico frutto della cultura di sinistra. Il “Campo liberale” non può e non deve essere una corrente.
Ma un terreno di confronto aperto agli elettori e un canale di collegamento tra base e vertice. Perché se è vero che, come dice Angelino Alfano, che il futuro del Pdl sarà segnato dalle primarie per ogni carica, a queste primarie bisognerà far partecipare un elettorato attivo e consapevole. Non tesserati fasulli.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:34