Letta, Epifani e il governo monocolore

La convinzione di Enrico Letta è di aver superato la fase del governo di larghe intese caratterizzato dalla necessità di trovare un compromesso continuo tra i due partiti maggiori. E di essere invece finalmente arrivato a guidare un governo molto simile a quelli centristi della Prima Repubblica in cui il partito maggiore (allora la Dc oggi il Pd) svolgeva la parte del sole ed ai partiti minori ( allora il Pri, il Pli ed il Psdi ed oggi Scelta Civica e la parte del Pdl fedele ad Angelino Alfano ) toccava la parte dei satelliti. Quella di Letta non è una convinzione isolata.

Il segretario del Pd Guglielmo Epifani la condivide a tal punto che non ha esitato un solo istante ad intimare alla componente governativa del Pdl di affrettarsi a rompere con il resto del partito formando al più presto gruppi autonomi alla Camera ed al Senato. Di fronte a questa convinzione, che non è solo frutto di tracotanza ma anche di sincera convinzione di aver vinto la partita della vita contro l'aborrito berlusconismo, tutti hanno rivolto l'attenzione sulla reazione di Angelino Alfano, dei suoi sostenitori e del resto del Pdl rilevando che la posizione di Letta ed Epifani può servire al vice presidente del consiglio per consolidarsi alla guida del Pdl.

Il ché può essere sicuramente vero a patto che il Pd si convinca che il governo continua ad essere di larghe intese e che il Pdl non si è trasformato in un satellite destinato a ruotare senza pretese attorno all'astro Pd. Ma è possibile che i dirigenti del Partito che Democratico accettino di restare nella logica delle grandi intese dopo che ai loro occhi Berlusconi è stato liquidato, il berlusconismo è morto ed il governo può finalmente comportarsi come se fosse un monocolore a guida Pd ? Il futuro del governo si gioca sulla risposta a questo interrogativo.

Perché il popolo della sinistra, convinto dai suoi dirigenti di aver ottenuto la vittoria storica che attendeva da vent'anni, pretende ora che il successo epocale abbia le sue normali conseguenze con l'attuazione di una politica di sinistra senza compromessi di sorta con il centro destra diviso ed umiliato. Non a caso nel Pd si torna a parlare della necessità di rimodulare l'Imu facendola pagare ai ricchi per finanziare la riduzione del cuneo fiscale, si chiede con il Ministro Kyenge l'abolizione della Bossi-Fini ed ingenerale, si pretende quella ridistribuzione del reddito chiesta a gran voce dalla segretaria della Cgil Susanna Camusso che da sempre è il segno inequivocabile di una politica di sinistra.

E' in grado Enrico Letta di trovare un punto di equilibrio tra la spinta a sinistra di un Pd convinto di essere diventato la forma egemone del governo e la necessità di non umiliare fino al punto di rottura il suo vicepresidente del Consiglio? Nessuno, a questo proposito, mette in dubbio l'abilità tutta democristiana di Letta di trovare compromessi. Ma questa abilità si scontra con l'imminenza del congresso del Pd. E con la scontata considerazione che il tema della svolta a sinistra del governo diventerà la questione dominante delle assise nazionali del Partito Democratico. L'ipotesi di elezioni anticipate in primavera, dunque, non è affatto tramontata!

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:33