La Merkel e l'Italia che dovrà fare da sé

La grande vittoria elettorale di Angela Merkel provoca due conseguenze precise. La prima cancella l'illusione coltivata da quanti speravano in una affermazione della Spd per l'attenuazione della linea del rigore imposta dalla Germania ai paesi non virtuosi dell'Unione Europea. Con il voto la maggioranza dei tedeschi ha ribadito a chiare lettere che non potrà essere la Germania a farsi carico dei debiti pubblici esorbitanti dei paesi mediterranei. E chi coltiva la speranza che la vittoria spinga la Merkel a tenere conto solo in parte di questo mandato rigido in nome dell'ideale europeista non conosce la Cancelliera e non conosce i tedeschi.

 Quel mandato, che poi altro non è che la scelta di porre l'interesse nazionale tedesco al centro di ogni politica europea, non verrà mai mitigato o , peggio, tradito. Perché rappresenta l'indicazione inderogabile di un popolo che avrà pure perso la sua antica volontà di potenza ma ha conservato intatta la sua vocazione ad essere il paese egemone dell'intero continente europeo. Se questa, e non altre, è la prima conseguenza del risultato elettorale tedesco, la seconda deve essere automaticamente la presa d'atto da parte del nostro paese che se vuole incamminarsi sulla strada del risanamento deve fare da sé.

 Per troppo tempo l'europeismo è stato interpretato in Italia come il tentativo di scaricare sugli altri paesi, fossero gli Stati Uniti con la Nato o la Germania e la Francia con l'Unione Europea, ciò che l'Italia non voleva o non sapeva fare. Ancora adesso, ad esempio, la linea del rigore non viene presentata come un atto di responsabilità nazionale ma solo come un obbligo imposto dall'Europa. Ed ancora oggi, sulla scorta di una tradizione che risale ai secoli del “Franza o Spagna basta che se magna” e che vuole il nostro paese sempre e comunque dipendente dalle volontà altrui, si coltiva la convinzione che solo l'imposizione esterna della virtù può costringere un paese naturalmente riottoso a praticarla.

 La vittoria della Merkel impone, invece, di prendere coscienza che non ci saranno aiuti esterni, sia pure sotto forma di vincoli, a salvare il paese dalla crisi e dalla recessione. Bisognerà sbrigarsela da soli. Cioè sarà necessario imitare in tedeschi che hanno posto l'interesse nazionale al centro delle loro richieste e preoccupazioni. E sarà indispensabile concepire l'interesse nazionale non come chiusura egoistica ma come atto di responsabilità attraverso il quale realizzare le riforme indispensabili per la ripresa. La virtù, in sostanza, non può essere un regalo o una imposizione esterna.

Va coltivata e praticata in noi stessi. Affrettando la realizzazione di quelle innovazioni e quei cambiamenti senza i quali la società italiana è destinata a perdere progressivamente ciò che ha faticosamente conquistato in termini di benessere e di pace nei quasi settant'anni della democrazia repubblicana.

Il mandato dei tedeschi alla Merkel impone agli italiani di non cullarsi più nelle false illusioni di una Europa intenzionata e destinata a risolvere i problemi interni che noi non sappiamo o vogliamo affrontare. Ora l'interesse nazionale ad essere responsabili coincide con quello di una Europa fondata sulle responsabilità e non sulle egemonie. Speriamo che chi deve capire lo capisca !

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:53