La sinistra ottusa e l'istinto alla macelleria

Non è il Palazzo della memoria quello di San Lorenzo, a Roma, dove mani ignote hanno affisso un manifesto tre per due raffigurante la foto capovolta della “macelleria messicana “ di Piazzale Loreto. Il palazzo è diroccato. Avrebbe dovuto diventare un museo della Memoria ma è rimasto un rudere dove si aggirano solo i topi e qualche disperato senza tetto. Qualcuno ha ipotizzato che il manifesto abbia voluto essere un modo tardivo di celebrare l'anniversario dell'8 settembre. Ma si tratta di una ipotesi fasulla.

 Perché la celebrazione non riguarda affatto una storia antica di settant'anni ma una vicenda ancora in corso in queste ore. Cioè la metaforica esecuzione e successiva esibizione al pubblico del Cavaliere Nero, al secolo Silvio Berlusconi, che si sta eseguendo con intransigente rapidità nella Giunta per l'Immunità del Senato. Il manifesto con i cadaveri capovolti di Mussolini e della Petacci vuole indicare come sia arrivato finalmente il momento di regolare i conti con il nemico ventennale sull'esempio di quanto avvenuto nel passato. E vuole ricordare ai vari Casson, Stefano, Pezzopane, Giarrusso e Della Vedova, finiti per singolare casualità in un tribunale parlamentare dove si fa la storia, che il loro compito non è di tergiversare ma di usare il loro voto in Giunta con la stessa spietata rapidità del Colonnello Valerio (o chi per lui) a Giulino di Mezzegra.

 Il manifesto, in sostanza, sintetizza e simbolizza la richiesta imperativa che viene dalla pancia di una sinistra che ha avuto per due decenni come unico collante politico l'odio antiberlusconiano e che non chiede, ma impone, ai propri rappresentanti di chiudere una volta per tutte la partita con il nemico seguendo l'esempio che viene dal passato. Possono i Casson, gli Stefano, le Pezzopane, i Giarrusso ed i Della Vedova sottrarsi alla richiesta di nuova “ macelleria messicana” fatta in nome “ del popolo italiano” che promana da una base pronta, in caso contrario, a rivoltarsi contro i propri partiti ed i propri rappresentanti? Nessuno può pensare il contrario.

Ma è proprio per questa ragione che viene da pensare alla sorte bizzarra che l'umore popolare di una sinistra giustizialista e dissennata riserva a chi impone di interpretare, sia pure metaforicamente, con il voto e non con il mitra, il ruolo del mai dimenticato Colonnello Valerio. Costoro si sentono investiti del compito storico di liquidare Silvio Berlusconi ma non si rendono minimamente conto che in questo modo stanno creando le condizioni per la perpetuazione del berlusconismo per altri lunghi anni. Un berlusconismo magari senza Berlusconi ma fondato sulla paura della maggioranza della società italiana di finire nelle mani degli ottusi e feroci nostalgici della “ macelleria messicana”.

Il trenta per cento degli italiani è convinto che la liquidazione del Cavaliere sia l'epilogo brutale di una ventennale ed ingiusta persecuzione mediatica, giudiziaria e politica del centro destra nella persona del suo leader. Non sarà la decadenza da parlamentare di Berlusconi, i suoi arresti domiciliari o qualsiasi altro provvedimento giudiziario a suo carico che cancelleranno la convinzione e disperderanno questo trenta per cento.

 Non solo per fede cieca nel leader ma anche, e soprattutto, per il timore che quella “macelleria messicana”, dopo aver toccato un personaggio provvisto di ogni mezzo di difesa, possa toccare qualunque normale cittadino sotto forma di oppressione fiscale, oppressione burocratica, oppressione sindacale, oppressione giudiziaria. Il Pd sembra convinto che la liquidazione di Berlusconi gli spianerà definitivamente la strada del potere. Come sempre si sbaglia. L'ombra del Colonnello Valerio, così come è avvenuto nel secondo dopoguerra, finirà inevitabilmente per rinsaldare il blocco sociale dei moderati!

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:35