Crisi? Una questione interna al Pd

Il cerino della crisi è ora nelle mani del solo Partito Democratico. La linea di ottusa intransigenza scelta dai vertice del maggior partito della sinistra sulla questione della decadenza di Silvio Berlusconi ha prodotto questo singolare risultato. Dopo la sentenza della Corte di Cassazione il Pd ha puntato tutto sulla certezza che sulla questione della agibilità politica del proprio leader il Pdl avrebbe rotto il patto di governo ed aperto la crisi. Questa certezza ha indotto i rappresentanti del Partito Democratico a provocare oltre ogni limite i dirigenti del centro destra esibendosi nelle più spericolate manifestazioni di antiberlusconismo pregiudiziale.

Tutto nella convinzione che il Pdl avrebbe reagito aprendo una crisi che o sarebbe sfociata in elezioni anticipate utili a rinviare a data da destinarsi un congresso comunque lacerante o avrebbe spinto Giorgio Napolitano a reincaricare Enrico Letta per fargli mettere in piedi un esecutivo monocolore Pd retto da eventuali fuoriusciti del centro destra o di Cinque Stelle. Ma il Pdl ha resistito alle provocazioni. Ed invece di utilizzare la questione dell'Imu per far saltare la coalizione, ha trasformato l'abolizione della tassa sulla prima casa per fornire la dimostrazione della propria volontà di non puntare allo sfascio. Silvio Berlusconi, ha sua volta, ha colto al volo il percorso indicato da alcuni autorevoli giuristi per evitare che il 9 settembre diventi il momento dell'esplosione definitiva delle larghe intese. Ed ha proposto un rinvio della questione della decadenza alla Corte Costituzionale che, oltre ad essere una soluzione temporanea più che legittima e ragionevole, lancia al Pd la patata bollente della sorte del governo guidato da Enrico Letta.

Il problema della crisi, in sostanza, è diventato un problema totalmente interno alla sinistra. Chi la vuole non deve far altro che rompere l'alleanza delle larghe intese respingendo la soluzione ragionevole perseguita dal Cavaliere. Chi pensa che sia una follia mandare a casa un governo senza alternative è chiamato ad un difficile e dolorosa marcia indietro rispetto alle forsennatezze antiberlusconiane dei vari Casson, Zanda e dello stesso segretario Epifani. Il risultato è che il congresso, ancora non fissato e di cui non si conoscono oltre i tempi anche i modi, si dovrà svolgere in concreto entro il 9 settembre. Senza un dibattito, senza un approfondimento, senza un qualsiasi confronto di idee. Ma solo all'insegna dello scontro tra governativi ed antigovernativi, tra lettiani e renziani, tra vecchi marpioni e giovani che si definiscono turchi ma che sono solo sprovveduti. Nessuno si preoccupi più di tanto, però. Perché l'esito di questo confronto non sarà affatto traumatico.

Ma si risolverà, così come il caso Berlusconi, con un ennesimo rinvio a tempi diversi e meno drammatici e complicati di adesso. Presto o tardi, infatti, anche i più ottusi dovranno prendere atto che non è questo il momento di puntare alla crisi per risolvere le questioni interne del Pd. Basta guardare oltre il proprio naso e scoprire che è meglio aspettare le conseguenze della crisi siriana. A meno che, naturalmente, non si pensi di affrontare gli effetti del conflitto ed una possibile partecipazione alla guerra affidandosi a Grillo o a Vendola!

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:21